Europei 2021 / Evenepoel, sei un fenomeno ma devi imparare a correre

Remco Evenepoel con la medaglia d'argento al collo dopo il secondo posto agli Europei di Trento
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Se gli Europei 2021 di Trento sono stati i più belli delle sei edizioni fin qui disputate, gran parte del merito va attribuito ai corridori, i protagonisti principali e artefici di uno spettacolo unico. Tra questi spicca sicuramente Remco Evenepoel, tornato come un vero e proprio “crack” all’interno del gruppo. Mese di agosto da stacanovista e poi nella rassegna continentale la forza di stare a ridosso di due giganti delle cronometro come Stefan Küng e Filippo Ganna e di accendere la gara in linea. Remco, però, ripenserà a lungo anche al modo in cui ha corso ieri: troppa generosità, eccessivo carico emotivo e perdita del controllo nelle fasi cruciali della corsa? Fenomeno, “Re” Remco, talento sconfinato, certo. Ma deve ancora imparare a correre. Perché? Approfondiamo il tema su quibicisport.

Evenepoel: a Trento una sconfitta che brucia e una lezione da imparare

Ex giovane promessa del calcio dal 2005 al 2017 tra Anderlecht, PSV Eindhoven e Malines, Evenepoel consapevole della sua forza e troppo sicuro di se, vedendo Colbrelli incollato a ruota ha iniziato a innervosirsi. Lo sprint finale è il suo tallone d’Achille e si è visto. Se fossimo nel basket diremmo che non eccelle in questo fondamentale e che fondamentale! Aggiunto anche ai limiti in discesa – sui quali sta lavorando – va sottolineato come gli aspetti da limare sono diversi, sia tecnici che comportamentali.

Resta comunque eccezionale la corsa del belga che però deve imparare a correre più con la testa che con l’istinto di strafare. Qualcuno, parafrasando il celebre gesto di Leonardo Bonucci al termine della finale di Wembley vinta dagli azzurri di Mancini ha detto che “Remco ne deve mangiare ancora di pastasciutta“: tradotto nel nostro campo dovrà per esempio capire come sviluppare la percezione delle sensazioni di un avversario. Non tirare come un forsennato in salita senza mai voltarsi e avere dei riferimenti. Perché la forza è niente se non si possiede la capacità di controllarla. E se l’arte della vittoria si impara dalle sconfitte, la lezione nell’università europea del ciclismo non la dimenticherà mai.