Martina Fidanza, l’artista del ciclismo: «Ammiro la Vos, seguo l’esperienza di mio padre. Gli sprint? Sempre in testa!»

L'urlo trionfale di Martina Fidanza che batte Letizia Paternoster a Civitanova Marche (foto: Rodella)
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A braccia alzate sul traguardo. Martina Fidanza ha scelto l’esultanza più iconica per festeggiare la vittoria nella prima edizione del Trofeo Born to Win. Sul traguardo di Civitanova Marche, la ventunenne bergamasca del team Isolmant Premac Vittoria ha preceduto Letizia Paternoster e Vanessa Michieletto. Da buona perfezionista, all’indomani si è dedicata alla pista, altra disciplina in cui eccelle. Perché non si smette mai di crescere, come ha spiegato nell’intervista a quibicisport.

Martina Fidanza, riavvolgiamo il nastro: domenica è arrivata una grande vittoria a Civitanova. Com’è nata? Si tratta di tattica o di un’intuizione?

«Direi entrambe. La squadra mi ha aiutato tanto. Ha coperto le fughe e tenuto controllata la gara. Abbiamo giocato la carta della volata. Sul finale le compagne mi hanno aiutato con un buon treno. Ero leggermente “lunga” allo sprint. Le dinamiche hanno fatto partire presto la bagarre. Istintivamente ho aspettato un attimo, ho provato a fare una volata di progressione. Il traguardo non arrivava più, ma alla fine ce l’ho fatta».

Ha una preferenza nell’approcciare le volate? Meglio stare in testa o partire da dietro?

«Preferisco prenderle in testa perché mi dà la sicurezza di non trovarmi troppo dietro. Meglio dover fare solo la volata».

Ha già un piano stagionale preciso?

«Ho un occhio di riguardo per la pista. Le prime tappe della stagione sono saltate a causa del Covid. In pista mi piacerebbe far bene e ovviamente spero nelle convocazioni delle Olimpiadi. È ancora presto comunque. Cercherò di farmi trovare in condizione. Ovviamente anche su strada ci tengo a far bene. L’obiettivo è comunque migliorare».

Sotto quali aspetti crede di dover crescere?

«L’esperienza mi aiuterà a migliorare negli allenamenti e in gara. Devo lavorare sulla tenuta in salita e negli sforzi ad alta intensità».

In ammiraglia c’è papà Giovanni. Cosa significa avere un genitore allenatore?

«Aiuta perché mi conosce di più. Capisce i momenti di difficoltà. Essendo stato ciclista, ha esperienza. Ci dà la giusta tranquillità. Poi io sono molto autocritica per certi aspetti e lui mi aiuta a tranquillizzarmi. A volte è capitato di avere punti di vista diversi. Lui tende ad avere opinioni più legate alla sua esperienza e magari non contempla troppo le tecnologie. Su questo ci sono piccole divergenze».

In famiglia c’è anche sua sorella Arianna, anche lei ciclista. E poi il fidanzato Riccardo Stacchiotti, pure lui ciclista. A casa si parla di biciclette o c’è spazio per altro?

«(Ride ndr.) Inevitabilmente si va sempre a parare lì. A volte capita che ci diciamo: “Adesso basta parlare di ciclismo».

Martina Fidanza ha anche altre passioni al di fuori del ciclismo?

Dopo aver finito il liceo, non ho continuato con gli studi. Mi piace molto l’arte. Avrei dovuto iscrivermi all’Accademia. In futuro si vedrà. Per ora lo faccio come hobby».

Come si è avvicinata al ciclismo?

«Merito di mia sorella. Sono sempre andata alle gare con lei. Ho sentito l’adrenalina della gara. Non ci sono confronti tra di noi, cerchiamo sempre di aiutarci».

Cosa le piace del ciclismo e qual è il lato meno piacevole?

«È uno sport che mi permette di svolgerlo all’aria aperta, di pensare o di liberare la mente. Non mi piace la differenza che c’è rispetto al ciclismo maschile. Noi donne stiamo raggiungendo risultati importanti. Essere trattate con gli uomini è giusto, ma con altre possibilità. Tante volte non si nota che il chilometraggio non può essere paragonabile perché c’è differenza nella fisicità. Forse dipende tutto dalla società in cui viviamo. Il ciclismo femminile sta crescendo molto negli ultimi anni. Ora deve trovare il giusto spazio».

Ha un punto di riferimento?

«Ammiro molto Marianne Vos per stile e caratteristiche. Comunque ho punti di riferimento non troppo lontani da me, per esempio in pista tra le mie coetanee».