Ballan, il re del Fiandre: «Vi spiego come si vince. La mia notte insonne e lo scatto della disperazione»

La volata sontuosa di Alessandro Ballan al Giro delle Fiandre 2007. Hoste si arrende al campione della Lampre
Tempo di lettura: 4 minuti

Che sogni popoleranno le notti dei protagonisti del Fiandre? Perché le strade per un capolavoro a volte sono illogiche solo per chi non le vive. Perché tutti all’esame di maturità hanno sempre sognato di presentarsi in maglietta, con la mise casual di chi non bada all’apparenza, ma alla sostanza. E sì, sperare anche nella fortuna di trovare la commissione giusta e le domande migliori. Scegliere i vestiti abituali e rispondere. Per spiegare come si è arrivati fin lì la voce di un campione come Alessandro Ballan è la migliore da ascoltare. In fondo bastano dieci domande per raccontare il lavoro di anni che raggiunge il suo apice con un’azione che scompagina la liturgia del ciclismo: la sera prima sembra da incubo, non riesci a dormire e il giorno successivo realizzi l’impresa di una vita che segna la carriera e resta nella storia. Alessandro Ballan con quibicisport.it ripercorre l’8 aprile 2007: i timori della vigilia, quella variabile impazzita assolutamente incalcolabile nell’equazione che determina un grande campione e lo sprint al cardiopalma contro Hoste e gioca nel fare i pronostici, prima del grande appuntamento di domenica che lo vedrà impegnato nel commento tecnico su RaiSport.

I tuoi favoriti per il Fiandre?

«I soliti tre per eccellenza, perché quest’anno hanno dimostrato di avere qualcosa in più rispetto a tutti gli altri. Quindi Julian Alaphilippe, Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert. Il problema è che ultimamente c’è molto controllo tra loro e questo può dare il via libera ad altri: abbiamo visto alla Sanremo come Stuyven sia riuscito a cogliere l’attimo e anche ieri alla Attraverso le Fiandre dove Van Baarle è partito lontanissimo dall’arrivo. Può succedere anche al Fiandre una cosa del genere».

Le condizioni meteo come influiscono sull’andamento della corsa?

«È una corsa molto particolare. C’è sempre molta tensione e bisogna sempre tenere le prime posizioni del gruppo. È logica che se dovesse piovere, diventerebbe tutto più difficile e complicato. I corridori che odiano la pioggia partono già demotivati. Ci sarà una parte di corridori che si autoelimineranno da soli».

Cosa ti aspetti dagli italiani?

«A livello di italiani abbiamo bei corridori: da Matteo Trentin che inizia ad avere un’esperienza consolidata nelle Classiche del Nord, Alberto Bettiol che ha già vinto il Fiandre nel 2019, Giacomo Nizzolo che ha un ottimo spunto veloce e Davide Ballerini. Questi quattro terranno alta la nostra bandiera».

Quale sarà la squadra di riferimento?

«Penso alla Deceuninck Quick Step di Julian Alaphilippe che ha moltissime pedine in squadra come Asgreen, Stybar e Lampaert che possono fare la differenza».

Come e dove si vince il Fiandre?

«Intanto parliamo di una delle corse più difficili da vincere. Oltre ad andare forte ci vuole tanta fortuna e bisogna cogliere l’attimo giusto. Dagli ultimi cento chilometri il momento a ogni metro può essere quello buono. Bisogna essere sempre davanti e non sbagliare l’entrata di qualsiasi tratto in pavé o dei muri. Quindi l’aiuto della squadra e una condizione super sono fondamentali, ma soprattutto la fortuna: quando metti le ruote sulle pietre puoi incappare anche in forature. Ci vuole un mix di ingredienti per vincere il Fiandre».

Le gare di inizio stagione hanno emesso un teorema: il coraggio viene premiato.

«Sì, soprattutto perché quasi tutti stanno sulle ruote dei tre più forti e c’è molto controllo».

8 aprile 2007: il giorno del tuo trionfo. Un’emozione unica per il ciclismo italiano.

«Il Fiandre era la mia gara. La più bella in assoluto e quella che mi ha dato di più perché l’ho vinta. Non ricordo solo quella, ma tutte mi hanno lasciato qualcosa. Della vittoria ricordo tutto: quando sono riuscito a fare la differenza sul Muur affiancando e superando Boonen. Gli ultimi chilometri con Hoste e la volata al cardiopalma che avevo già dato per persa. Non ho demorso e sono riuscito a saltarlo».

Dalla vigilia della gara alla partenza: un corridore favorito in che modo ci arriva?

«Quella notte lì non ho mai dormito e chiuso occhio perché avevo vinto la Brugge-De Panne e avevo molta responsabilità soprattutto da parte della squadra. Ero in camera con Fabio Baldato e lui, corridore di esperienza, può confermare tutto. Ho fatto tutta la notte in bianco e mi sono praticamente alzato la mattina senza riposare e il pensiero era su come potevo riuscire ad arrivare davanti a tutti. Invece dopo un momento di difficoltà nella prima parte, con Baldato che ogni quindici-venti chilometri mi chiedeva come stavo e io continuavo a dirgli che stavo male e che le gambe non giravano, è andata meglio. Poi quando ho visto la mia Lampre tirare davanti al gruppo, ho sentito un carico di responsabilità e sotto il Muur ho fatto lo scatto della disperazione e invece ho fatto la differenza».

Domenica sarai la voce tecnica di RaiSport?

«Sì, ci sarò io insieme ad Andrea De Luca».

L’esperienza da commentatore come sta andando?

«È una soddisfazione. Io ho pedalato e basta. Ho sacrificato ore e ore di studio per la bici e a oggi mi tornerebbero utili. Ho portato a casa un titolo di studio da geometra, ma non nego che ho studiato sempre il minimo indispensabile per la sufficienza e adesso il rammarico è un po’ quello: avessi studiato un po’ di più, me la caverei meglio anche con il microfono. Sto migliorando, sicuramente non è facile soprattutto per il fatto che sei in diretta. È il mio terzo anno e rispetto agli inizi comincio a divertirmi e mi piace raccontare e sono felice quando le persone mi dicono di aver apprezzato gli aneddoti delle mie gare e la chiave di lettura delle corse».