Marta Cavalli, dalla Valcar alla FDJ: «Il tricolore ha cambiato la mia carriera e continuo a sognare il Fiandre»

Marta Cavalli al Giro Rosa 2020
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Marta Cavalli si è sentita ciclista professionista per la prima volta nel 2018, dopo aver vinto la prova in linea dei campionati italiani davanti a Bertizzolo, Bronzini e Bastianelli grazie ad una volata irresistibile. Era arrivata tra le elite un anno e mezzo prima, all’inizio del 2017, nemmeno diciannovenne. «La maglia tricolore ha cambiato tutto – racconta – a partire dalla considerazione che io per prima avevo di me stessa. Poi, va da sé, il pubblico inizia a riconoscerti e così anche le avversarie».

L’esempio olandese

Già, le avversarie: le olandesi, ad esempio, Cavalli le conosce ormai molto bene. «Il mio sguardo è cambiato, era inevitabile, fino a pochi anni fa ero una ragazzina mentre adesso sono una loro collega. La Vos rimane inarrivabile per classe e rispetto, al di là del numero di vittorie».

E la Van Vleuten, seconda nella prova in linea del campionato del mondo di Imola una settimana dopo il ritiro dal Giro Rosa con un polso fratturato? «Il gesto riassume tutto, aggiungere altro mi sembrerebbe ridondante. Più che un ostacolo, però, le olandesi per me sono uno stimolo. Sono quelle che soffrono di più, di conseguenza quelle che sanno soffrire meglio: i loro sforzi sono incredibili, si allenano in condizioni climatiche pessime. Eppure sono le migliori. Forse sono le più talentuose, sicuramente le più determinate».

Di cocciutaggine, tuttavia, se ne intende anche Marta Cavalli, che ora abbraccia e ora maledice la sua caparbietà. Conoscere i propri limiti (e non temere di rispettarli) non è meno importante che saper stringer i denti. «La determinazione può essere controproducente – puntualizza infatti Cavalli – ne ho avuto la prova in più occasioni. Il lato del mio carattere che gestisco con più difficoltà, comunque, è un altro: la precisione. Basta un cambiamento minimo, talvolta, per mandarmi in crisi. Ma la sensazione più bella che il ciclismo mi regala ormai da anni è sempre la stessa: la soddisfazione di resistere alla fatica, arrivare ad un soffio dal mollare e invece andare avanti».

Gli inizi con Cavendish nel cuore

Se la carriera professionistica di Cavalli è iniziata nel 2017, la sua passione per il ciclismo è nata un bel po’ di tempo prima. Il padre è un appassionato, il nonno era a capo della squadra del paese. Cavendish, invece, è il corridore che la ragazza ha iniziato ad emulare in giardino con la mountain bike: la spregiudicatezza con la quale il giovane britannico dominava la maggior parte delle volate non poteva lasciarla insensibile.

«Le sorti di Cavendish mi stanno ancora a cuore, saranno i ricordi. E infatti, tutt’oggi, scorro gli ordini d’arrivo finché non trovo il suo nome. È invecchiato e si è appesantito, ma spero sempre che conquisti un’altra vittoria».

Essendo nata il 18 marzo 1998, di Marta Cavalli non si può certo dire che stia invecchiando: al massimo sta crescendo, accumulando esperienze di ogni genere. «Me ne rendo conto sempre di più. Fino a qualche anno fa, quando le mie compagne mi dicevano che una giornata storta serve comunque per imparare il mestiere, non capivo realmente cosa intendessero. Avevano ragione: prima commettevo degli errori che col tempo ho prima capito e poi perso». E questo è fondamentale per un’atleta come Cavalli, che si reputa una passista-scalatrice particolarmente interessata a due classiche monumento. «Il Fiandre per il contesto, è una corsa magnifica. La Liegi, invece, perché è quella più adatta alle mie caratteristiche».

Marta Cavalli alla Strade Bianche 2017

Dalla Valcar alla Francia

Talento e attitudini che non sono passate inosservate: dopo undici anni alla Valcar, infatti, Marta Cavalli ha firmato un biennale con la FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope, una delle nove formazioni del WorldTour femminile. Una squadra giovane e in divenire, ma che può già contare sulla Ludwig (25 anni, nel 2020 quarta al Giro Rosa e seconda alla Freccia Vallone), sulla Muzic (21 anni, vincitrice dell’ultima frazione del Giro Rosa 2020) e sulla Wiel (nel 2019 campionessa francese tra le elite).

«La inseguivamo da diverso tempo – ha dichiarato Stephen Delcourt, il general manager della squadra – perché è una delle atlete più brillanti della sua generazione: è già stata campionessa italiana, è una pistard affermata e non c’è nessun terreno che la colga impreparata».

«Ero poco più di una bambina quando sono entrata alla Valcar – gli fa eco la Cavalli – prima pensavo soltanto a pedalare, poi ho cominciato ad individuare i miei punti deboli, infine sono diventata una ciclista professionista e la campionessa italiana. Posso soltanto ringraziare. Lascio un ambiente familiare, spero di trovarne un altro altrettanto umano».

Emozioni mondiali

Durante le ultime settimane, tuttavia, non ha potuto concentrarsi unicamente sull’ambientamento nella nuova realtà francese: c’è anche un’Olimpiade da preparare. «Per un atleta è il massimo – spiega – e sognavo di parteciparvi già lo scorso anno. E pensare che in pista, all’inizio, mi trovavo male: le alte velocità e la pendenza delle curve mi terrorizzavano. Nel 2019, invece, medaglia d’oro nell’inseguimento a squadre ai Giochi Europei di Minsk e la prova di Hong Kong nella Coppa del Mondo».

Pandemia permettendo, Cavalli non dovrebbe aver problemi a debuttare ai Giochi Olimpici della prossima estate. Intanto si è messa avanti collezionando un altro illustre debutto: quello ai campionati del mondo su strada.

Non era mai stata convocata; nemmeno nel 2018, quand’era campionessa italiana. È successo nel 2020, con la preparazione cambiata a qualche settimana dal via: per quanto duro, il percorso di Imola era molto diverso da quello svizzero disegnato in principio.

«Una prima volta che non posso scordare – ricorda – giacché si correva in Italia e a vedermi c’erano anche i miei genitori e il mio fidanzato, cosa che non capita molto spesso. Ho lasciato sulla strada tutto quello che avevo in corpo. Ma per un capitano come Elisa Longo Borghini mi sembrava il minimo. E almeno, così facendo, ho iniziato a familiarizzare con le dinamiche del WorldTour».

Il lockdown

Del 2020, tra soddisfazioni e difficoltà, a Marta Cavalli è rimasto impresso il periodo di quarantena forzata. Non poteva pedalare all’aria aperta, ha infuso coraggio alla sorella impegnata con la maturità a distanza, si è messa ai fornelli preparando diversi dolci (il suo passatempo preferito, la madre lavora nel settore e le ha insegnato tutto).

È fortunata, Marta Cavalli: le persone più importanti della sua vita hanno accettato la sua esistenza frenetica e complessa, riuscendo a godersela in quei pochi momenti di compagnia e vicinanza. La primavera dello scorso anno è stato uno di questi. «I sacrifici che involontariamente impongo alla mia famiglia e al mio fidanzato sono la mia benzina: devo necessariamente dare un senso a tutte queste rinunce, una volta in corsa. E quando la quarantena primaverile è terminata, mi sono ritrovata con due riflessioni in più: l’uomo è un animale sociale, non è fatto per stare da solo e rinchiuso; e pedalare rimane la mia passione più grande».