AMARCORD/3 Bugno, Fondriest e gli altri: nel magico 1987 di Roche parte la sfida della giovane Italia

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Nel 1987 il ciclismo italiano aveva bisogno di futuro. Era un periodo un po’ oscuro: Moser era alle ultime, gloriose pedalate, Saronni viveva la sua parabola discendente. Nessuno aveva raccolto la piena eredità dei due grandi rivali e proprio i risultati di quel 1987 ne erano una lampante conferma.

Era stato l’anno-monstre di Stephen Roche, capace di vincere in sequenza Giro d’Italia, Tour de France e Campionato del Mondo. Un monologo che aveva fatto le fortune della Carrera (gruppo italianissimo), ma che aveva contribuito a relegare i nostri corridori al ruolo di comparse.

Luminosa eccezione, Moreno Argentin, primo alla Liegi e nel Giro di Lombardia, e secondo al mondiale dietro all’irlandese. Per il resto, nessun italiano sul podio del Giro, nessuno nei primi dieci del Tour, nessuno protagonista nelle altre grandi classiche.

Maurizio Fondriest e Moreno Argentin al Giro del Lazio 1987.

Tutti sull’ammiraglia di BS: di lì a poco torneranno le grandi vittorie

La copertina lanciata da Bicisport per il numero di settembre è quindi un grido di speranza. Allegramente ammassate sull’ammiraglia del giornale ci sono alcune delle maggiori promesse di allora: in primo piano Roberto Conti, eccellente scalatore, che sarà sesto nel Tour del 1994, prima di divenire uno dei luogotenenti più fidati di Pantani.

Dietro di lui, con la maglia gialla della Del Tongo, Flavio Giupponi, che nel 1989 contenderà fino all’ultimo la vittoria del Giro a Laurent Fignon. E al fianco di Giupponi, con gli occhiali, Maurizio Fondriest, avviato a una grande carriera, baciata da un mondiale e da una Sanremo.

Poi, in ordine sparso, Marco Giovannetti (vincitore della Vuelta nel 1990), Roberto Pagnin, Giuseppe Calcaterra, Rodolfo Massi, Franco Vona e Marco Saligari, che prima di diventare un ottimo commentatore vincerà un Giro di Svizzera e tre tappe al Giro d’Italia.

Infine, defilato sulla sinistra, con la consueta ritrosia, Gianni Bugno, che allora aveva 23 anni, correva nell’Atala di Cribiori e aveva già messo in bacheca buone corse. Sarà proprio lui, vincendo nel 1990 Sanremo e Giro, ad annunciare il ritorno al vertice del ciclismo italiano, che proseguirà di traguardo in traguardo fino al memorabile 1998 di Pantani.