Giro Rosa, le pagelle: Longo Borghini dà emozioni, van der Breggen vincente e incompiuta, Van Vleuten errore fatale

Anna van der Breggen in rosa con le sue compagne di squadra. Dopo quelli del 2015 e 2017, per l'olandese è il terzo trionfo al Giro.
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Elisa Longo Borghini 9 – Una maglia rosa (la prima per l’Italia dopo 12 anni), due vittorie (la cronosquadre di apertura e lo sprint a due sulla van der Breggen nella penultima tappa, il suo primo successo individuale in fondo al nono Giro in carriera) e il terzo posto finale. E poi quello che dice: «Noi atleti non serviamo a niente, non salviamo vite. Possiamo soltanto farvi emozionare». Detto, fatto.

Anna van der Breggen 9 – Ha vinto il suo terzo Giro, ma ha già deciso che smetterà a fine 2021, perché è in bici da quando aveva 7 anni e ha voglia di vedere cosa c’è dall’altra parte della vita. Prende quello che può quando Van Vleuten e Vos le lasciano strada. E’ 9 e non 10 perché un fondo di amaro le resta: almeno una volta vorrebbe batterla lei la Van Vleuten, senza che si battesse da sola. Incompiuta.

Annemiek Van Vleuten 6 – Media fra il 10 che merita per quello che fa in bici e quello che dice fuori, per l’attenzione che rivolge alle giovani colleghe e per la curiosità che la spinge e il 2 che si becca per la tappa di Maddaloni: che cosa ci faceva a battagliare con le prime a un chilometro dal traguardo, con il tempo neutralizzato? C’era proprio bisogno di perdere così la maglia rosa mettendo a rischio il resto della stagione? Bulimica.

Giuseppe Rivolta 10 – C’era una cosa molto semplice da fare: rimandare il Giro al prossimo anno. Il patron ha scelto la strada più difficile: ha insistito, resistito, combattuto, e ci ha dato un Giro 2020. Ha dovuto combattere con i francesi, che hanno già cominciato la guerriglia in vista del Tour femminile annunciato per il 2022, e con il coronavirus, che ha raddoppiato costi e cautele. Ma il Giro è partito ed è arrivato. Applausi.

Diretta televisiva 4 – Fra le polemiche montate nei dieci giorni del Giro, enorme quella – tutta social – della diretta televisiva. E’ d’obbligo, ma non c’era. Vero: ma c’era una copertura internazionale notevole. E poi basta chiedere all’organizzazione, e la risposta è semplice: o facevamo il Giro o la diretta televisiva, voi cosa avreste preferito? Dilemmi.

Ripalimosani 10 – Piccolo borgo nei dintorni di Campobasso. Scusate la nota molto personale ma in quest’anno difficile trovare un albergo (La Tavernetta) dove ti sanificano anche i bagagli e le chiavi, e ti aspettano la sera dopo un lungo trasferimento con un piatto divino di maltagliati ceci e porcini vale un dieci. E lode.

Gli slogan 8 – Fra gli striscioni vince l’ultima tappa, Motta Montecorvino, con il lenzuolo che recita: «Passate anche nel 2021 che ci sono altre buche da asfaltare». Visto che sono giorni elettorali, rimane impresso il candidato al comune di Maddaloni, che aveva stampato il suo motto dappertutto: #jammejà. Dove l’hashtag dà quel tocco di 2020. Vallo a dire alla Van Vleuten jammejà.

Le italiane 5 – Tolta l’immensa Longo Borghini, le altre si sono viste davvero poco. Il ciclismo totale dell’Olanda consente pochi voli pindarici, questo è vero, ma non ha torto il ct azzurro Salvoldi quando dice che questo sta diventando un alibi e che gli piacerebbe vedere più coraggio. Timide.

Le storie 10 – Laureate nelle materie più disparate (Ashleigh Moolman-Pasio, sesta in classifica, è ingegnere chimico, Annemiek Van Vleuten è specializzata in epidemiologia), le campionesse del Giro battono di gran lunga i loro colleghi maschi. Valga per tutte Elise Chabbey, la ginevrina che è stata a lungo nella top 10 e si era allenata lavorando come medico durante il lockdown: 50 ore a settimana. Multitasking, come sempre le donne.