Tour, le pagelle: Pogacar da amare (10), Jumbo in stile Sky (9,5). Bernal, sprofondo e bugia: 3

Bernal
Egan Bernal, qui al Tour 2020, è stato oggetto di critiche feroci in Colombia (foto A.S.O./Pauline Ballet)
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POGACAR: 10 – Questo ragazzino ci sta facendo innamorare. Non ha solo gambe, ma anche coraggio; non corre per difendere il secondo posto (che sarebbe comunque straordinario) bensì prova a fare male a Roglic. Abbiamo trovato un campione e ci piace che sia uno così, educato fuori dalla gara però sfrontato in corsa. Se saprà confermarsi – ed è più difficile che arrivare in alto – ci farà divertire per anni. Impressionante lo scatto con cui brucia Roglic in volata: è la seconda volta in questo Tour e no, non può essere un caso.

JUMBO-VISMA: 9,5 – Sembra la Sky di un tempo, forse perfino di più: un treno di sei corridori (su otto iscritti al Tour…) che sale in testa verso il Grand Colombier fa realmente spavento. Una locomotiva gialla, in mezzo alla quale si confonde perfino Roglic che ha il simbolo del primato. Strepitoso Van Aert, mentre Dumoulin – se non facesse il gregario di lusso – potrebbe quasi lottare per vincerlo, questo Tour.

ROGLIC: 7,5 – Dopo il traguardo ha un gesto di stizza, Pogacar sta diventando il suo piccolo-grande incubo anziché il suo erede designato, da sloveno a sloveno. Con una squadra del genere, dovrebbe piazzare nel finale la botta decisiva e andare a prendersi la tappa, se proprio non riesce a fare il vuoto. Invece parte a 600 metri dal traguardo e non stacca tutti gli altri, quindi cerca di rimontare Pogacar in volata e si deve accontentare di nuovo del secondo posto. Bravo, non straordinario. E forse, come fa capire il suo giovane connazionale a fine corsa, nemmeno imbattibile. La terza settimana dirà.

BERNAL: 3 – Affonda in modo clamoroso lungo l’ascesa del Grand Colombier. Anzi, all’inizio della scalata, quando ancora mancano 13 chilometri al traguardo: segno che le gambe proprio non ci sono. All’arrivo perde oltre sette minuti, un tracollo imprevedibile: altro che bis al Tour, il talento colombiano fa quasi tenerezza mentre scuote la testa, respingendo gli incoraggiamenti del vecchio (si fa per dire) compagno Kwiatkowski. La Ineos in questo Tour non è certo lo squadrone che dominava la corsa quand’era griffato Sky, ma Bernal è proprio vuoto di energie. Alla vigilia della tappa, forse per bluffare sulle proprie condizioni, aveva raccontato una bugia un po’ velenosa: «I miei dati in salita sono i migliori di sempre, eppure gli sloveni vanno più forte». No, Egan, i tuoi dati non sono i migliori di sempre.

QUINTANA: 4 – Anche lui molla troppo presto. Voleva allearsi con Bernal per sfidare la Slovenia, noi colombiani contro quei due, in realtà accompagna il giovane connazionale nel momento della disfatta senza che ci sia alcun patto tra di loro. Nel momento della verità, Nairo non c’è. E ormai è quasi un’abitudine.

ROLLAND: 8 – L’ex enfant prodige, che prodigio non è mai diventato, anima la tappa andando a caccia di punti per la maglia a pois. Va in fuga, dà battaglia, resta al comando da solo. Viene risucchiato inesorabilmente all’inizio dell’ascesa finale dalla locomotiva gialla della Jumbo-Visma, però combatte. E – statene certi – lo rivedremo spesso là davanti.

ITALIA: 6,5 – Lampi d’azzurro nella prima parte della tappa, con tre italiani tra gli otto in fuga: Trentin, Marcato, Bonifazio. Per caratteristiche, sono tra i primi a cedere non appena la strada s’impenna; peraltro Matteo si sacrifica per il compagno Geschke che aspira ai punti per la classifica degli scalatori e magari alla vittoria di tappa (ma mollerà troppo presto). Un segnale che ci siamo, in attesa di un colpo di mano nella settimana conclusiva.

SAGAN: 5 – Sta mettendo alla frusta la Bora per prendersi la maglia verde alla quale tiene tanto, ma non ha la gamba. Ieri ha scatenato l’inferno per staccare Bennett e non ne ha approfittato; oggi al traguardo intermedio, oltre che dal rivale (e leader della classifica a punti), si fa superare perfino da Morkov, compagno dell’irlandese. Che gli succede?