Ivan Basso: «Pogacar è il più grande, è l’idolo di mio figlio»

Pogacar vince a Livigno la tappa regina del Giro d'Italia 2024 (Photo Credits: LaPresse)
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Si può diventare idoli a soli 25 anni? Eccome. Tadej Pogacar ne è la dimostrazione lampante. Come giustamente sottolineato da Moreno Moser, Pogacar è uno di quei campioni che sa far appassionare al ciclismo anche chi di solito non lo segue o preferisce il pallone. Con le sue imprese – così epiche e sornione allo stesso tempo – il giovane sloveno in maglia UAE è entrato (o sta entrando con prepotenza) nell’immaginario sportivo collettivo. Figuriamoci se non trova spazio nel cuore di chi il ciclismo lo ama da tempo, o di chi ne ha fatto la propria ragione di vita. Come Ivan Basso.

Ieri, su X, Basso ha condiviso una foto speciale. È un selfie scattato dal figlio Tai (9 anni e mezzo) in compagnia di un’amichevole Maglia Rosa. «Così inizia il sogno di un bambino: una foto col più grande campione del ciclismo di oggi per innamorarsi del ciclismo di sempre» scrive il vincitore del Giro d’Italia 2006. Questo sport ci sta abituando a un abbassamento sempre più evidente dell’età dei corridori: se una volta bisognava dare a un atleta il tempo di crescere, oggi il talento esce – anzi, deve uscire, pena l’esclusione dal mondo agonistico – entro i vent’anni. Ciononostante, fa comunque ancora un certo effetto pensare che quello che Basso definisce come il «più grande campione del ciclismo di oggi» fino all’altroieri indossasse la maglia bianca di Miglior Giovane al Tour de France. Ora ha superato la soglia di età per poterla indossare ancora, ma con quel ciuffo che sbuca dal casco e quell’aria da eterno ragazzino impertinente (in corsa, s’intende) è ancora impossibile riconoscergli quella maturità professionistica di cui le sue vittorie sono impregnate. Lo conosciamo da un po’, ormai, eppure non smette mai di lasciare a bocca aperta. Noi, ma anche ex corridori che credevano di aver visto di tutto in carriera. Come Basso. O come Contador.

«Se tu fossi un ragazzino oggi, chi sarebbe il tuo idolo?». Alberto Contador non deve neanche pensarci su. «Pogacar. Il mio idolo sarebbe Tadej Pogacar. Che corridore incredibile. È unico nel suo genere. Può vincere qualsiasi gara, che si tratti di una classica, di un grande giro o di una corsa più semplice. Non c’è nessun altro corridore al mondo come lui». Uno che ci si avvicina è Mathieu van der Poel che, d’accordo, non è competitivo in un Grande Giro, ma che su tutti gli altri terreni è sempre un avversario da temere. Non a caso, lo stesso Pogacar ha dichiarato in passato: «Se fossi un bambino oggi, il mio idolo sarebbe van der Poel». Ovvio. Stessa esplosività, stessa indole votata all’offensiva. Ed è proprio questa fame, questa spinta ad attaccare anche quando non ce ne sarebbe bisogno che conquista il cuore di tutti. Soprattutto dei più piccoli.

«Lui non vince e basta, vince con entusiasmo. È l’idolo di mio figlio, è il suo corridore preferito, è ossessionato da lui». Ancora Ivan Basso? No. Mark Cavendish. «Quando un bambino di cinque anni si emoziona guardando qualcuno correre, sai di essere di fronte a un corridore speciale» conclude Cannonball.

Sì, Tadej. Sei speciale.