Tonioli: «Da quando ho cambiato preparatore, sono diventato un altro corridore»

Tonioli
Nicholas Tonioli, fino allo scorso anno alla Cablotech, nel 2023 ha centrato le sue prime due affermazioni tra i dilettanti: il Gp San Giuseppe a Montecassiano, in foto, e il Città di Empoli (foto: FCI)
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«L’anno scorso, alla vigilia di Montecassiano, sentivo la gamba dei giorni migliori – racconta Nicholas TonioliMai mi sarei aspettato di vincere, di cogliere in quella maniera il mio primo successo tra i dilettanti. Proprio per via della mia brillantezza, quel giorno decisi di attendere le manovre delle grandi squadre. A tre giri dalla conclusione, se non ricordo male, hanno accelerato Buratti e De Pretto, e io mi sono accodato. All’ultimo chilometro avevamo il gruppo alle calcagna. Mi sono detto: provo il tutto per tutto, male male chiudo ottavo, ultimo del drappello di testa. Inizialmente mi vennero dietro, poi si fermarono per guardarsi e studiarsi. Ormai non potevano più riprendermi».

Nicholas Tonioli, 25 anni dopodomani: nessuno si aspettava il tuo successo, specialmente davanti a corridori del genere.

«Non ci credevo nemmeno io. Mi convinsi d’aver fatto qualcosa di bello sulla strada del ritorno a casa, quand’ero in macchina e ricevevo una chiamata dopo l’altra. Poi mi sono ripetuto un mese dopo al Città di Empoli e nel mezzo ho buttato via una grossa chance a Mercatale: chiusi quarto, ma con un po’ più di coraggio nelle battute finali avrei potuto anticipare il resto dei favoriti».

Come mai questi risultati non sono arrivati in precedenza?

«I motivi sono essenzialmente due. Da una parte non me n’è andata bene una, da un certo punto in poi. Mi sono rotto la clavicola in tre occasioni, l’ultima volta al secondo anno tra i dilettanti. Una volta centrai proprio una macchina in gara. Fermarsi, tra l’altro facendosi male, e ripartire non è immediato: perdi allenamenti e gare, perdi continuità, perdi fiducia in te stesso. Ma il cambiamento più significativo è stato quello del preparatore».

Adesso chi ti segue?

«Il CTF Lab, dallo scorso anno. Fatta eccezione per la prima stagione tra i dilettanti affrontata con la Garlaschese, io fino a qualche mese fa ho corso con la Cablotech. Il preparatore che avevamo non voleva tanti discorsi: quel che sosteneva lui andava rispettato. Il problema è che assegnava a tutti la stessa scheda, i soliti identici esercizi fino a marzo. Da lì in avanti mi seguiva mio padre, con un passato da corridore. Ma erano palliativi, allenamenti che si basavano sul buonsenso, metodi troppo artigianali. E infatti i risultati non arrivavano, d’altronde non potevano arrivare».

Hai mai pensato di smettere?

«Sai, la passione per il ciclismo non mi è mai mancata, è l’unico sport che abbia mai praticato. Però non è stato facile andare avanti nonostante i risultati non arrivassero. Io di mio sono pessimista, non ho mai creduto a sufficienza nei miei mezzi, ma allo stesso tempo ero sicuro di poter rendere di più di quel pochissimo che stavo rendendo. Non sono mai stato forte, mettiamola così, ma nelle categorie giovanili le mie vittorie e i miei piazzamenti li ho sempre raccolti».

Da quest’anno sei in una continental, la Um Tools Caffè Mokambo: quando hai deciso di cambiare squadra?

«Mi hanno cercato a metà dell’anno scorso, d’estate. Ormai sono grandicello, l’unica speranza di strappare un ingaggio tra i professionisti è legata al mettersi in mostra in quelle gare a cui partecipano anche loro. Dovrei essere al Giro d’Abruzzo, ad esempio, e mi piacerebbe molto provare a centrare almeno una fuga. Le differenze rispetto ad una squadra più piccola come la Cablotech sono evidenti: l’organizzazione è aumentata e il livello è più alto, non mi sento solo come invece capitava in passato».

Tuttavia, tra San Geo, Misano e Polese non sono giunti risultati rilevanti.

«No, ma i guasti meccanici non mi hanno dato pace. Alla San Geo ero uno dei più attivi nel drappello degli inseguitori, poi il cambio mi è rimasto bloccato sul 53×11 e non c’è stato niente da fare. Misano non era una corsa adatta alle mie caratteristiche, quindi mi sono messo a disposizione di un mio compagno più veloce, ma una caduta ci ha estromesso dalla volata. Al Polese, infine, non stavo bene, e il maltempo e il fango non mi hanno di certo aiutato. Adesso sono raffreddato, ma sto già guardando a Montecassiano: ripetersi sarebbe incoraggiante».

Dobbiamo considerarti uno scalatore?

«No, o perlomeno non uno scalatore puro. Mi reputo un corridore grintoso e resistente, adatto alle classiche che presentano tracciati nervosi. Se dovessi sognare in grande, ti direi che mi piacciono molto Parigi-Roubaix e Strade Bianche. Ma sono discorsi, e quelli se li porta via il vento. Mi è dispiaciuto sparire nella seconda parte della scorsa stagione, ma avevo messo in conto che i carichi d’allenamento avrebbero presentato il conto. Quest’anno non deve succedere, quest’anno non ho più scuse».