IL LOMBARDIA 2023 / L’ultimo ballo di Pinot: «Darò tutto quello che mi è rimasto»

Thibaut Pinot lascia a 33 anni. Senza rimpianti
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Domani, sulle strade di quel Lombardia che ha già vinto una volta in solitaria (era il 2018) dopo aver staccato un Nibali ancora non in perfetta forma dopo l’assurda caduta sull‘Alpe d’Huez al Tour de France, Thibaut Pinot metterà fine alla sua carriera. Sarà un altro glorioso e rumoroso momento di ciclismo: non assisteremo al bagno di folla che lo ha letteralmente inghiottito sul Ballon d’Alsace nel corso della penultima tappa della Grande Boucle, ma sono comunque attese alcune centinaia di tifosi del corridore francese, le quali sicuramente regaleranno spettacolo specialmente all’arrivo di Bergamo.

In una bella intervista a L’Equipe, Pinot ha ripercorso le fasi salienti della sua carriera. «Senza una famiglia unita e affiatata come la mia – ha raccontato – sarebbe stato difficile arrivare fino a qui. Adesso sarà più facile anche per loro, non dovranno più seguirmi qua e là e io sarò sicuramente meno nervoso e meno stressato. In questi giorni, tuttavia, non penso affatto agli inizi. Forse perché devo rendermi ancora conto che la mia carriera è veramente finita. Per il momento, la mia testa è sulle vacanze che cominceranno tra tre giorni…».

Pinot ha avuto modo, poi, di ripercorrere le tappe più importanti della sua carriera, piena di alti e bassi e di momenti drammatici, ma arricchita comunque da trentatré vittorie, tra le quali vale la pena ricordare un Lombardia, una tappa al Giro, due alla Vuelta e tre al Tour. Alla Boucle è stato il miglior giovane nel 2014, al Giro invece il miglior scalatore proprio quest’anno, quando ha chiuso anche quinto nella generale. Il suo piazzamento più felice alla corsa rosa rimane il quarto posto del 2017, mentre al Tour salì sul podio (terzo) nel 2014, l’anno di Nibali.

Diciannovesima tappa del Tour de France 2019: Pinot, all’improvviso, è costretto al ritiro; Bonnet, suo fedele scudiero, lo consola come può. (Foto: Stephane)

«Nel 2019 avrei potuto vincere la maglia gialla – ha ricordato – Era una di quelle occasioni che non passa un’altra volta. Il successo sul Tourmalet lo considero il più bello della mia carriera insieme al Lombardia di un anno prima e alla tappa dell’Alpe d’Huez nel 2015: sono quelle rare giornate in cui non si sente la fatica, sapevo che nessuno poteva battermi, dentro di me c’era un’energia incredibile. Tuttavia, pochi giorni dopo il Tourmalet sarebbe arrivato quello che considero forse il mio momento più difficile: il ritiro nella 19ª tappa, quando ero a soli venti secondi da Bernal, che poi avrebbe vinto la generale. L’abbraccio con Bonnet non lo scorderò mai, è stato uno dei pilastri della mia carriera, è un’immagine dura ma bellissima».

Tanto per non smentire la nomea di corridore maledetto, Pinot non nasconde che l’avvicinamento al Lombardia è stato molto travagliato: prima una brutta caduta al Poitou-Charentes, poi un virus intestinale che lo ha costretto all’abbandono al Giro di Lussemburgo. Per un attimo ha addirittura temuto di non riprendersi il tempo per il Lombardia.

«Non era scontato essere qui. E sapere che c’è tanta gente che si è mossa appositamente per tifare me mi mette un po’ di pressione, non lo nascondo. Sinceramente, l’obiettivo è portare a termine la gara. Disputarne una buona non mi dispiacerebbe, la voglia c’è, ma pensare di poter raccogliere un bel risultato è assurdo. Anzi, a domani cerco di pensarci il meno possibile, spero davvero che la sfortuna mi risparmi. Per ora tengo la testa sotto alla sabbia e cerco di rimanere concentrato. Comunque no, al pensiero di smettere non provo né nostalgia né tristezza».