Epis: «Prima voglio correre l’europeo, poi col vivaio dell’Arkéa punto a Liegi e Gand»

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Epis vince quest'anno vince al Gp Santa Rita. (Foto: Photors)
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Lo scorso anno Giosuè Epis si era posto un obiettivo semplice e complicato allo stesso tempo: crescere. Per riuscirci aveva deciso di cambiare squadra, dalla Rime alla Zalf. E diversi mesi più tardi il suo bilancio è positivo. Giustamente, peraltro, anche se la seconda parte della stagione (almeno per ora) non è stata all’altezza della prima.

«Adesso sono a Pinzolo da una decina di giorni, ho deciso di salire quassù perché si respira meglio e così posso preparare come si deve le ultime gare dell’anno. Purtroppo ho avuto tre giorni di febbre alta con annessi antibiotici, di cui avrei fatto volentieri a meno. Ma per il resto sono contento, è vero che avrei potuto vincere di più, ma alla fine la crescita di un atleta non si misura soltanto dal numero di volte in cui si alzano le braccia al cielo».

Undicesimo all’italiano, settimo alla Zappi, quinto a Reda e nell’ultima tappa del Giro, quarto al Liberazione, a Busseto e nella terza frazione del Sicilia dei professionisti, terzo alla Pistoia-Fiorano, alla Popolarissima, a San Vendemiano e al Franciacorta, secondo a Lari e primo al Santa Rita. Rimpianti?

«Con tutti questi piazzamenti credo sarebbe impossibile non averne. A San Vendemiano sono partito troppo lungo, al Liberazione invece ho aspettato troppo. Peccato, perché forse avrei avuto le gambe per vincerle entrambe, ma purtroppo il ciclismo è anche questo. Non ne faccio un’ossessione, insomma».

In cosa ti senti cresciuto rispetto allo scorso anno?

«Per anni ho creduto che il ciclismo fosse una scienza esatta, un’equazione semplicissima. Mi alleno, corro e non avrò problemi, pensavo. E invece la questione è più sottile, c’è un equilibrio che bisogna assolutamente trovare e ognuno ha il suo. Mi riferisco all’alimentazione e al recupero, tanto per fare due esempi, ma i fattori in gioco sono tanti. Ho imparato ad ascoltare maggiormente le mie sensazioni, e devo dire che mi sento meglio».

Un percorso che sta dando i suoi frutti: il prossimo anno correrai nel vivaio dell’Arkéa.

«Si sono fatti avanti all’improvviso e in maniera atipica: mandandomi un messaggio su Instagram. Da lì, è nata una serie di videochiamate che hanno portato alla definizione dell’accordo. Mi aveva cercato anche l’Astana, che forse col senno di poi ho liquidato con troppa facilità. Ma non torno indietro e non mi pento, sono assolutamente convinto che il progetto francese sia quello più adatto alle mie caratteristiche».

Perché?

«Perché è un contesto internazionale ma su misura per il corridore in crescita che sono io, tutt’altro che un salto nel vuoto. E poi perché correndo in Francia un mese fa alla Kreiz Breizh ho avuto la conferma che il territorio francese, veloce e vallonato, è il migliore per me: non a caso nella corsa a tappe bretone ho chiuso quarto nella seconda tappa e sesto nella quarta».

E in quel momento sembrava quasi scontato immaginarti in azzurro a Glasgow.

«Ci speravo e ci credevo anche io, non lo nascondo. Per un corridore credo sia il massimo poter indossare e difendere la maglia del proprio paese in un mondiale. Mi è dispiaciuto, ma allo stesso tempo devo riconoscere che i sei corridori scelti da Amadori erano comunque validi. Se lui ha preso questa decisione avrà avuto i suoi buoni motivi, non ho voglia di sindacare. A malincuore ho incassato e vado avanti, sperando di rifarmi all’europeo».

E’ questo il tuo grande obiettivo del finale di stagione?

«Sì, senza ombra di dubbio. Voglio correrlo e farò di tutto per farmi convocare. Da quello che ho capito il percorso è mosso e c’è uno strappo in pavé, quindi non potevo chiedere di meglio. Adesso, sceso da quassù, mi aspettano Carnago, il Giro del Friuli e il Giro di Puglia. E poi, anche dopo l’eventuale europeo, tutto il classico calendario italiano di fine anno. Le chance per mettersi in mostra non mancheranno».

E in ambito internazionale, invece, in quali gare vorresti metterti in mostra?

«Ho due sogni: la Liegi, che non ho mai affrontato, e la Gand, che invece ho già disputato nelle ultime due stagioni. Sono classiche vere e proprie, corse lunghe e impegnative, dove si rimane in pochi e spesso in mezzo al maltempo. Vengono fuori i corridori veri e io spero di essere all’altezza per rientrare in questo novero. Insomma, voglio una stagione ad alti livelli per meritarmi il passaggio in prima squadra a partire dal 2025».