Garibbo: «Ero ossessionato e volevo smettere, poi sono tornato a divertirmi»

Garibbo
Nicolò Garibbo della Gragnano alla Coppa Bologna
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Ce lo dice tranquillamente Nicolò Garibbo «arrivai a pesare 50kg, adesso ne peso 59», la sua storia non è una di quelle favole che ogni tanto si sentono di alcuni ragazzi: fenomeni da juniores, fenomeni tra gli U23 e passaggio al professionismo. Questa è la storia di qualcuno, ma non di Nicolò, che ci ha raccontato tutti i suoi problemi dalla categoria juniores ad oggi, che è un secondo anno Elite. Ma soprattutto ci ha raccontato di come ne è uscito e di come la sua carriera ciclistica, che finisca con o senza passaggio tra i professionisti, gli ha insegnato tanto e lo ha migliorato come persona, prima che come ciclista.

Qual è la tua storia nel ciclismo?

«Ho iniziato tra i G4 e non sono mai stato un vincente, ero abituato ad ottenere al massimo 1 vittoria all’anno. Però da allievo secondo anno sono andato più forte riuscendo a vincere tre gare, poi però ho patito il salto di categoria negli juniores e nel secondo anno ho deluso le aspettative. I primi due anni da U23 sono stati positivi ma successivamente mi sono perso per altri due anni tra il covid ed un altro problema».

Quale problema?

«Non è una scusante (Nicolò lo ripete più volte ndr), ma io soffro di un problema ereditario alla tiroide e per questo ero sempre stanco. Avrei potuto risolvere prima questo problema, ma purtroppo in quel momento ero ossessionato col peso e con gli allenamenti tanto che arrivai a pesare 50 chilogrammi mentre adesso ne peso 59. Poi per fortuna è uscito un nuovo farmaco per la tiroide, ho iniziato a ritrovarmi e mi sto divertendo, che è la cosa importante».

Se dovessi descriverti come ciclista?

«Sono un passista-scalatore che si trova bene sui percorsi vallonati e che ha un buono spunto veloce».

In cosa pensi che potresti migliorare ancora?

«Una mia debolezza è sempre stata l’aspetto mentale, però ci ho lavorato molto negli ultimi due anni. Devo ancora lavorarci tanto ma, grazie alle persone giuste accanto a me e ad una mental coach, mi sento già molto migliorato».

A quale ciclista ti ispiri maggiormente?

«Il ciclista a cui mi ispiro di più è Joaquim Rodriguez. Mi emozionava vederlo attaccare, lo adoravo perché non mollava mai».

Invece quale gara sogni di vincere?

«Mi piacerebbe vincere la Firenze-Viareggio per il fascino che ha come corsa, per i toscani è un po’ come il Mondiale dei Dilettanti».

Un tuo pregio e un tuo difetto caratteriali?

«Un mio pregio è che difficilmente mollo. Al campionato italiano tra i professionisti, ad esempio, non ho mai mollato e, nonostante 2 forature ed un cambio bici, ho concluso la gara. Un mio difetto invece è che penso troppo in gara, mi faccio molte pare mentali, nella vita come in bici».

Tornando al campionato italiano, cosa hai imparato?

«Tra i dilettanti dopo uno sforzo brutale hai tempo di recuperare, invece i professionisti poco dopo attaccano di nuovo. Ho peccato un po’ d’inesperienza, un dilettante non è pronto a gareggiare in una corsa del genere con le sole gare dilettantistiche, per questo mi sono ritrovato sempre più in crisi. È stata durissima ma sono riuscito ad arrivare al traguardo».

Quali sono i tuoi obiettivi per il resto della stagione?

«Ad inizio stagione con un mio amico avevamo detto che l’obiettivo erano le tre vittorie. Ci sono già arrivato e quindi spero di arrivare a 5, inoltre mi piacerebbe confermarmi in qualche altra gara nazionale come il Tortoli».

Hai già avuto contatti con qualche squadra professionistica?

«Fino ad adesso non ho avuto nessun contatto, devo cercare di mettermi sotto da qui a fine stagione per essere poi consapevole di aver dato il massimo».

E se non arrivasse nessuna offerta continueresti?

«Ora come ora non lo so, devo vedere come andranno le cose ed anche gli stimoli che avrò, poi a fine stagione tirerò le somme. Ho dedicato la mia vita alla bici ma smetterei senza rimorsi, intanto ho iniziato a lavorare come preparatore atletico (Nicolò è laureato in scienze motorie ndr), seguo qualche amatore e qualcuno mi dà anche qualche soddisfazione perché vince».

Un giorno magari potresti essere il preparatore atletico dei pro’…

«Sì, se dovessi smettere sarebbe il mio secondo obiettivo».

Qual è il momento più bello della tua carriera?

«La vittoria al Memorial Daniele Tortoli, perché vincere là, con tutte le squadre d’Italia, è stata un’emozione bellissima. In volata mi era pure saltata la catena ma per fortuna è rientrata da sola. Sono sempre stato innamorato di questa gara e vincerla davanti alla mia famiglia ed alla famiglia della mia ragazza è stata un’emozione unica».

Ed invece il momento più brutto?

«I due anni del covid in cui non mi riconoscevo, faticavo a finire le corse ed avevo pensato di smettere. Pensavo “Se io sono questo meglio che smetta, inutile stare qui a perder tempo” invece la pazienza e la fiducia delle persone accanto a me mi hanno aiutato a migliorare».

E come ti hanno aiutato a migliorare questi due momenti? 

«La vittoria mi ha dato più sicurezza, so che anche a gare più importanti posso dire la mia. Invece i 2 anni difficili mi hanno aiutato a non mollare ed a credere in me stesso. Anche nella vita può sembrare che le cose vadano storte, ma bisogna essere consapevoli che si possono sempre sistemare».