TOUR DE FRANCE 2023 / Copeland: «Netflix e radioline, Aso deve coinvolgerci di più»

Copeland
Brent Copeland della Jayco-AlUla
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Brent Copeland, invece, è il team manager di una delle formazioni che non ha accettato di rendere pubbliche le conversazioni radio tra ammiraglia e corridori.

Perché, Brent?

«Aso si è fatta avanti soltanto qualche settimana fa e noi abbiamo dei contratti con clausole sulla privacy che non possono essere cambiati dall’oggi al domani».

Nessuna questione commerciale, quindi?

«Certo, anche. Se un corridore o un direttore sportivo, presi dalla foga del momento, dovessero dire qualcosa di sbagliato non sarebbe una bella pubblicità per il team».

Ma concettualmente l’idea ti piace?

«Sì, sono uno di quelli che crede nelle novità e nei tentativi di svecchiare il racconto ciclistico. Però Aso deve muoversi diversamente: ad esempio, i 5.000 euro di incentivo per chi ha accettato hanno poco senso, non si sa se un favore o una consolazione».

Quindi avrai seguito anche la serie di Netflix sul Tour de France dello scorso anno.

«No, sinceramente dopo due puntate l’ho lasciata perdere. Capisco che possa far presa su un pubblico di neofiti, ma agli addetti ai lavori dice poco. È confusionaria, cercando personaggi e storie si sono dimenticati di dare un filo logico alla Grande Boucle».

Spiegati meglio.

«Le squadre non hanno avuto molta voce in capitolo, Aso e Netflix Francia si sono mosse autonomamente. Ad esempio, uno dei miei ragazzi è Dylan Groenewegen, ma chi guarda la serie non trova niente su di lui e tutto, invece, su Jakobsen, l’altro protagonista della vicenda che ha coinvolto entrambi in passato. È una visione parziale, io trovo assurdo aver fatto vedere le vittorie di alcune squadre e basta, tralasciando le altre. Dobbiamo ragionare come un sistema, non come tante individualità».