Felicità Tarozzi: «Ho vinto alla mia maniera, sono un corridore nuovo»

Manuele Tarozzi vince la settima tappa del Tour du Rwanda 2023 (Credits Green Project Bardiani - CSF Faizanè & Sprint Cycling)
Tempo di lettura: 4 minuti

Dopo aver corso a livello Under 23 per i team Beltrami e InEmiliaRomagna, il faentino Manuele Tarozzi è passato tra i professionisti nella scorsa stagione con la Bardiani CSF-Faizané. Il suo primo anno nel circuito è però stato condizionato da un brutto infortunio alla gamba, il quale lo ha costretto a saltare tanti mesi e rincorrere la miglior condizione. Per sua fortuna questa stagione è iniziata sotto un’altra stella. Manuele ha debuttato in Argentina alla Vuelta a San Juan mettendosi subito in mostra e vincendo la maglia di miglior scalatore. E oggi è arrivato il primo successo da professionista, nella tappa regina del Tour du Rwanda, al Mont Kigali. «Ho attaccato in discesa all’ultimo giro, spronato dal mio compagno Davide Gabburo, sono arrivato ai piedi di Mont Kigali con una trentina di secondi di vantaggio. Dietro i miei compagni mi hanno aiutato, questa vittoria è anche merito loro. Il vantaggio è bastato ad arrivare da solo al traguardo, e quante persone a incitarmi! Dopo la Vuelta a San Juan mi sento un corridore nuovo, ho vinto alla mia maniera e spero di continuare la serie di ottimi risultati».

Manuele, come nasce la tua passione per la bici?

«Correndo. Da bambino non seguivo molto, giusto Giro d’Italia e Tour de France, ma poco altro. Ho iniziato a correre perché mio padre mi aveva proposto di fare uno sport e in casa mia avevano tutti corso in bici, quindi ho provato anche io».

Hai fatto altri sport in vita tua?

«Si. Da bambino ho fatto triathlon e corsa, ma sempre più per divertimento che altro».

Hai sempre pensato di diventare un giorno professionista?

«Onestamente no. Quando ho iniziato non mi aspettavo che un giorno sarei diventato professionista. Poi ho fatto le prime gare, sono arrivate subito le prime vittorie e quando vinci poi ti viene voglia di continuare».

Quindi prima di fare il ciclista, qual era il tuo sogno?

«Il mio sogno era quello di aprire un bar o un negozio di bici. Però in quinta liceo sono passato con i dilettanti e in quel momento ho realizzato che potevo fare il ciclista professionista e mi sono detto che per il resto avrò tempo quando smetterò».

In famiglia come vivono questo tu passaggio al professionismo?

«Mio papà è contentissimo, lui è sempre stato un appassionato di bici. Sono tutti molto felici di avere un professionista in casa».

C’è un corridore o una corsa a cui sei particolarmente legato?

«Da piccolo mi piaceva molto vedere Contador, soprattutto nelle sue sfide con Schleck al Tour. Mentre la gara è il Tour of Alps. È la prima gara da dilettante che ho fatto con la Nazionale e mi sono subito innamorato. Mi piacerebbe molto vincerla un giorno».

Nei tuoi anni di dilettantismo hai corso per due squadre importanti del circuito. Quale insegnamento conservi che sta tornando utile anche tra i pro?

«In quella categoria mi è stato insegnato a non sottovalutare mai l’avversario. Soprattutto in una Milano-Sanremo juniores ero in fuga con due avversari, pensavo di averne di più in salita, invece mi hanno battuto».

Mentre il passaggio alla Bardiani com’è avvenuto? Come mai questa scelta?

«Io dovevo passare professionista l’anno del Covid, ma questo limitò le mie gare. Allora ho fatto un anno in più, nel quale ho corso anche il campionato italiano con i professionisti. In quella corsa andai in fuga con 3 della Bardiani e chiusi quindicesimo. Lì iniziarono i primi contatti. Poi in realtà mi chiamò anche Savio, per fare lo stage con l’Androni, ma alla fine scelsi la Bardiani perché era una scelta più sicura per me».

Passando alle tue caratteristiche. Ti stai affermato come un uomo propenso per le fughe. È stata una direttiva imposta dalla squadra o ti piace proprio correre così?

«Entrambe. La squadra vuole che io ci vada e io lo faccio volentieri. A me piace fare le corse in fuga e la volta che la manco, mi rammarico perché ho sempre paura che sia quella giusta, quella che arriva al traguardo e io non ci sono dentro».

Tarozzi
Manuele Tarozzi della Bardiani CSF Faizané in allenamento (foto: Bardiani)

In questo inizio di stagione hai corso la Vuelta a San Juan, in Argentina, vincendo anche la maglia degli scalatori. Che sensazioni hai avuto?

«Belle. Non avevo mai corso in Sudamerica, ma mi ci sono trovato molto bene. Poche ore di fuso orario, in questo periodo è estate, quindi molto caldo ed è l’ideale per iniziare la stagione».

Hai qualche aneddoto particolare?

«Si. Per questa gara avevamo un massaggiatore cileno, che ascoltando “La Gara en Radio”, un programma tv argentino sul ciclismo, ha scoperto che dopo la prima fuga mi avevano soprannominato “El Flaco”, il magro. Infatti nelle ultime tappe mi chiamavano così alla partenza, per chiedermi autografi, o mentre ero in fuga».

Per il resto della stagione che programma hai?

«Finito il Rwanda, torno in Italia e dovrei correre Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo».

Proverai a centrare una fuga preziosa come quella della classicissima di primavera?

«Da noi il veterano delle fughe alla Sanremo è Tonelli, ma se sarò confermato alla partenza vorrò provarci anche io».

Hai un corridore a cui ti ispiri, tra quelli ad ora in attività? Anche a livello di stile di corsa

«In passato ho sempre risposto De Gendt. Però sono convinto che quando diventi professionista, diventi tu l’idolo di te stesso e che ognuno prova a creare uno stile suo di corsa».