Europei 2022 / Trentin: «Dovremo essere scaltri e flessibili»

Trentin
Matteo Trentin con la maglia della nazionale italiana ai campionati del mondo di Lovanio
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Perno della Squadra, quella che Alfredo Martini chiamava così, con la maiuscola. Dopo la botta al morale del covid, che non gli ha dato neanche un sintomo ma lo ha costretto a rinunciare al Tour de France proprio alla vigilia del via da Copenaghen, ora Matteo Trentin sta bene, «dopo Wallonie e Burgos la gamba inizia a girare come si deve».  Lui era il ct in corsa per Davide Cassani, e questo non cambierà neanche con Bennati in ammiraglia. Questione di occhio, di carisma, di esperienza, di capacità di capire il momento. Sarà così anche al Mondiale in Australia, e se proprio dovesse scegliere… «Beh, il Mondiale è sempre il Mondiale… Ma veniamo da quattro vittorie consecutive all’Europeo e dobbiamo rimanere concentrati su questo».

Matteo ha raggiunto Monaco in macchina, dal suo Trentino dove si era preso qualche giorno di stacco assieme a Claudia e ai loro bambini, Giovanni e Jacopo, 7 e 4 anni. E’ pronto a ricoprire il suo ruolo chiave nel cuore della squadra azzurra. «Di ruoli e compiti parleremo in queste ore con Bennati. Ma una cosa è sicura: dovremo essere scaltri e flessibili. Senza radioline tocca a chi è in corsa interpretare quello che succede, e cambiare di conseguenza. Ci vuole colpo d’occhio». Non è stata la sua stagione, finora. Dopo la vittoria a Le Samyn, in Belgio, a inizio marzo, una caduta alla Parigi-Nizza, dieci giorni dopo, gli ha procurato una commozione cerebrale. E’ rientrato alla Gand-Wevelgem, e alla Roubaix ha forato nel momento peggiore. Poi la botta del Tour, dove sarebbe stato un uomo prezioso per Tadej Pogacar. Un Tour in cui gli sprint sono stati pochissimi. «Non credo che sia una tendenza, che stia cambiando qualcosa. Dipende dal percorso e da come viene interpretata la gara. Al Giro per esempio le volate non sono mancate».

L’Europeo è in qualche modo un tentativo di rimettere le cose a posto, di sentirsi finalmente a casa. «Su un percorso così, che obiettivamente non è difficile, bisogna essere ancora più bravi a gestire». Avere in squadra molti giovani può essere un vantaggio, o in qualche caso un problema. «E’ ora che i nostri giovani comincino a fare sempre più parte della Nazionale. Tra qualche anno noi vecchietti non ci saremo più e toccherà a loro tenere assieme il gruppo». Bennati ha detto che non siamo favoriti, Trentin si accoda. «E’ quasi sicuro che su un percorso del genere si arriverà in volata. Vedo Belgio, Francia e Olanda su tutti, dovremo capire come vorranno impostare la corsa». Per battere i favoriti potremmo chiedere aiuto a lui, che quattro anni fa a Glasgow allo sprint vinse davanti a Mathieu van der Poel e Wout van Aert. «Non male vero?». Si può immaginare di allestire un treno anche solo per un Europeo o un Mondiale? Quanto tempo ci vuole in realtà? «Sono fondamentali l’intelligenza e l’onestà dei corridori. Come pure la motivazione. Nel 2020 a Plouay ci è riuscito alla perfezione».

Dopo la prova in azzurro, Matteo sarà al Tour de Limousin, poi ad Amburgo e a Plouay. La luce che guida questa seconda parte di stagione, come un faro, è il Mondiale in Australia. «Quattromila metri di dislivello, anche se non sembra. Una classica, in pratica, e noi dovremo farci trovare pronti». Ma prima c’è il nostro Europeo. Guai a perdere il filo.