TOUR DE FRANCE 2022 / TOUR mon amour e Caleb Ewan che ha imparato a stringere i denti

Ewan
Caleb Ewan al Tour de France 2022 (foto: A.S.O./Ballet)
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TOUR mon amour è la rubrica di Bicisport sul Tour de France che racconta una storia, un personaggio, un frammento di ognuna delle ventuno tappe della Grande Boucle. Non necessariamente chi ha vinto o chi ha perso, ma chi ha rubato la nostra attenzione o il nostro sguardo anche solo per un attimo.


L’ultimo classificato al Tour de France è la lanterne rouge, facendo riferimento alla lanterna rossa che nei treni segnalava il vagone conclusivo. Tuttavia, spesso e volentieri il corridore che occupa questa posizione non indossa niente che permetta di riconoscerlo: nessuna maglia speciale, nessun dorsale particolare, nessun accessorio identificativo. E’ una legge non scritta, una consuetudine, un’usanza. I racconti e le leggende a riguardo si perdono. Il recordman è Wim Vansevenant, ultimo per tre anni di fila dal 2006 al 2008 e padre di Mauri, uno dei talenti più intriganti della Quick-Step Alpha Vinyl. Hanno primeggiato (pardon, ultimeggiato) anche due fratelli, i Flores, Igor nel 2002 e Iker nel 2005. 

Ma il capolavoro lo realizzò Gerhard Schönbacher. La sua lotta con Tesnière (poi vinta) per accaparrarsi la piazza finale nel 1979 non piacque all’organizzazione, che l’anno successivo decise di eliminare il corridore che, tra la quattordicesima e la ventesima tappa, occupava di giorno in giorno la piazza finale. Schönbacher, che prima del Tour si era messo d’accordo con uno degli sponsor della sua squadra per un premio extra in caso di lanterne rouge, riuscì nel suo intento: arrivare ultimo. Soltanto che il direttore sportivo della sua squadra, un certo Patrick Lefevere, gli disse che non avrebbe ricevuto nemmeno un centesimo. Dopo una furiosa discussione, Schönbacher venne licenziato (Lefevere già all’epoca non amava scendere a compromessi).

Il profilo di chi occupa abitualmente l’ultimo posto della classifica generale del Tour de France è facilmente tratteggiabile. Nome e cognome poco conosciuti, gregario di ruolo, generalmente amato dai tifosi poiché generoso, stoico, anche innocuo. D’altronde, perché mai l’ultimo classificato di una corsa così estenuante come la Grande Boucle non dovrebbe meritare qualche applauso? In tanti lo applaudono perché lo ritengono il più normale, forse l’unico in cui potersi riconoscere veramente: seppur senza prendersi la ribalta, sta pur sempre facendo parte dell’evento ciclistico più importante dell’anno – di ogni anno. Ecco, tutto questo vale, appunto, abitualmente: ma non questa volta, visto che l’ultimo classificato del Tour de France 2022 è Caleb Ewan.

Cinquantasette vittorie in carriera e due secondi posti alla Milano-Sanremo, l’australiano di Sidney aveva cominciato la sua ottava stagione tra i professionisti con ambizione immutata: quella di alzare le braccia al cielo il più possibile, magari sui traguardi maggiormente prestigiosi. E invece quella attuale si sta rivelando la sua peggior annata: fece meglio persino nel 2015, quando seppur neofita riuscì a fare sua una tappa della Vuelta battendo Degenkolb e Sagan. In alcuni momenti, e a ragione, è stato considerato il miglior velocista del mondo: nel 2019, ad esempio, quando conquistò due frazioni al Giro e tre al Tour. Quest’anno, invece, in Italia non è andato oltre il secondo posto di Scalea. 

Aveva preso il via della Grande Boucle sognando e immaginando il riscatto. Al contrario, ha vissuto un vero e proprio calvario: caduto nella tappa del pavé, vittima della stessa balla di fieno finita nel mezzo alla strada che ha rovinato il Tour di Roglic e costretto all’abbandono Haig; scivolato andando verso Saint-Etienne e poi multato per aver sfruttato eccessivamente la scia dell’ammiraglia della Alpecin («L’organizzazione si riempie la bocca di parole come “sicurezza” e “salute”», aveva dichiarato dopo l’arrivo, «e poi non permette ai corridori di farsi aiutare a rientrare in gruppo dopo che questi hanno perso minuti su minuti per i controlli dei dottori»); vicino al fuori tempo massimo in un paio d’occasioni, salvato dai compagni di squadra che hanno praticamente sacrificato il loro Tour per salvare il suo, per dargli una chance in più: la volata di Parigi.

Questo è il motivo per cui Caleb Ewan, famoso e criticato per essersi sempre ritirato anzitempo dal Giro (cinque volte) e dalla Vuelta (una), ha stretto i denti andando oltre i propri limiti. In queste tre settimane gli sono scappate frasi del tipo: «domani sarà dura farcela», oppure «per me senza problemi, ma dipende se loro mi vorranno ancora» alla domanda se rimarrebbe alla Lotto Soudal anche in caso di retrocessione della formazione belga. Oggi, inevitabile coronamento d’un Tour de France nato male e proseguito peggio, ha compromesso qualsiasi speranza di podio ingaggiando una lotta a spallate con Alexander Kristoff, uno dei toraci più ampi del gruppo. Risultato: un ottavo posto che non sposta di una virgola né il bilancio sulla sua corsa né il giudizio sulla sua carriera (ma che, ironia della sorte, rimane il suo miglior piazzamento a questo Tour, centrato peraltro indossando un dorsale speciale, in barba al passato). Scontato che prima o poi Parigi sarebbe arrivata, decretando la fine della Grande Boucle; tutt’altro che scontato, invece, che Caleb Ewan arrivasse a Parigi. Invece, in un modo o nell’altro ce l’ha fatta. E’ la vita che avanti, sempre: anche quando non sembra, anche quando buttiamo via il nostro tempo, anche quando stiamo male.