Marta Cavalli risponde alle parole di Giada Borgato su Bicisport di dicembre: «Lasciare la pista? E’ stata una scelta obbligata, ma dopo Parigi potrei tornarci»

Cavalli
Marta Cavalli al pullman della nazionale italiana
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Le giornate d’inverno nella Pianura Padana sono fredde e avvolte nella nebbia, così Marta Cavalli che abita a Formigara, in provincia di Cremona, spesso carica la bici in macchina e in una quarantina di minuti arriva sul Lago di Garda, oppure si dirige verso le colline del piacentino. Marta ha ripreso ad allenarsi da un paio di settimane reduce da una stagione che l’ha proiettata tra le migliori atlete internazionali.

Sul numero di Bicisport di dicembre Giada Borgato, che ha commentato per la Rai molte corse in cui la cremonese è stata protagonista, ha detto di lei: «Dopo Elisa Longo Borghini è la ragazza più forte che abbiamo in Italia…».

Allora Marta, cosa ne pensi del giudizio di Giada?

«Che mi fa piacere naturalmente, e che me ne sto rendendo conto pian piano. Io pedalo con passione perché lo trovo divertente e stimolante per me stessa. Quest’anno ho avuto la conferma che forse sono approdata in una dimensione più grande e che molta gente mi segue, fa il tifo per me».

Qual è stato il momento clou della tua stagione?

«E’ difficile scegliere, è stato un anno intenso… Sono partita forte alla Strade Bianche e all’ultimo chilometro ero lì a giocarmi il podio. Al Fiandre ero appena dietro alla fuga principale. L’apice però penso sia stato il Giro: dopo la foratura nella cronosquadre sono riuscita a riscattarmi e nelle tappe dure sono rimasta sempre con le migliori (ha chiuso al sesto posto in classifica, prima delle italiane, ndr). Un periodo positivo che si è protratto fino alle Olimpiadi. Che soddisfazione a soli 23 anni essere una delle quattro ragazze scelte in un panorama italiano che sta crescendo e che ha tanti talenti! E’ stata una scossa bellissima, mi sono detta: ehi, ci sei anche tu! E poi nel finale di stagione ho vissuto di rendita, ero soddisfatta, rilassata: al mondiale è arrivata la bella prestazione di squadra e sono stata nona alla Roubaix».

Giada Borgato ha detto che non hai vittorie eclatanti perché per chi va bene in salita è più dura emergere. E’ così?

«Sì, non è facile vincere e questa cosa di non avere alzato le braccia un po’ mi pesa, perché mi manca quel guizzo veloce per aggiudicarmi il risultato assoluto. Alla fine le gare che si concludono in salita in un anno sono poche, spesso mi capita di scollinare in seconda o terza posizione, poi magari rientrano 4-5 atlete più veloci e io concludo all’ottavo posto. Adesso il mio obiettivo è quello di diventare più competitiva negli sprint e il fatto di non accontentarmi mi sta aiutando in questa missione che non è facile…»  

Cosa rispondi a Giada, quando afferma che hai fatto la scelta giusta nel lasciare la pista e dedicarti alla strada?

«Che è stata una scelta un po’ obbligata, perché iniziavo a fare più fatica e piuttosto che seguire due attività parallele con risultati non soddisfacenti ho preferito dedicarmi totalmente alla strada ed è per questo che forse, con un po’ di azzardo, ho scelto l’offerta di andare a correre all’estero…»

Perché parli di azzardo?

«Perché venivamo da un brutto periodo, il 2020 della pandemia, io tra l’altro non sono brava con le lingue. Ma su quel treno che stava passando mi sono sentita di salirci e questa mia scelta è stata azzeccata e ho avuto la conferma che era il posto giusto per me. Sono stata una sorpresa anche per la squadra».

In che senso?

«Nel report di fine anno hanno sottolineato come siano rimasti sorpresi dalla mia stagione. Mi avevano ingaggiato come talento emergente e grazie alla sinergia del preparatore Flavien Soenen e alle scelte dei miei direttori sportivi, dopo pochi mesi ho ottenuto grandi miglioramenti. Per loro è stato importante, perché significa che l’investimento a lungo termine che fanno con le atlete, con contratti lunghi per far crescere le ragazze gradualmente, è la scelta giusta. E allo stesso tempo è stata la conferma che la squadra ha il potenziale, la struttura per far emergere buone atlete». 

E per il 2022 la Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope ha preso anche Vittoria Guazzini, tua ex compagna alla Valcar… 

«Sono molto contenta perché Vittoria è una bravissima ragazza e sono sicura che si troverà bene, in un ambiente sereno. Anche lei ha tanto potenziale e troverà terreno fertile per crescere. L’ho accompagnata a un incontro di un paio di giorni con la squadra ed è stata entusiasta, sebbene ancora abbia le stampelle. Dal 12 al 21 dicembre faremo un ritiro ad Alicante, in Spagna e potrà tornare a pedalare, chiaramente con un programma di uscite diverso dal nostro. Sono sicura che oltre ad avere una spalla per i viaggi e per le relazioni di tutti i giorni, avrò anche una compagna molto forte che saprà aiutarci e prendersi le sue soddisfazioni».  

Essendo la Fdj un team francese immagino che il grande obiettivo del prossimo anno sarà il Tour…

«Sì, sono tutti molto esaltati e stiamo aspettando la presentazione del Giro per valutare le tappe e scegliere la corsa più adatta alla mie caratteristiche».

Escludi di correrle entrambe?

«No, perché in mezzo ci sono 14 giorni e si riesce a recuperare, ma non con l’obiettivo di fare classifica in tutte e due perché non si può stare sul pezzo per 18 giorni di gara in un mese. Magari potrei andare al Giro per la classifica e al Tour per puntare alle tappe. Però vorrei dire una cosa a Giada tornando sul discorso della pista…»

Prego…

«Non è detto che dopo i Giochi di Parigi io non possa tornare in pista: è stato il mio primo grande amore e non ho deciso di abbandonarla in modo definitivo. E poi a me piacciono molto le sfide. In una cosa però Giada ha ragione…»

Quale?

«Quando dice che sono troppo esile. Tornando in pista bisognerebbe “ribaltare” l’aspetto fisico, ma già dal prossimo anno l’obiettivo è quello di acquisire un po’ di massa muscolare in più, perché abbiamo notato che in alcune occasioni questa eccessiva leggerezza è stata controproducente».