Elena Cecchini: «Il segreto della SD Worx? Grande talento e ambiente sereno. E al Tour de France continuo a preferire il Giro d’Italia»

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Elena Cecchini in una foto d'archivio ai mondiali di Lovanio
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Se tra gli uomini la Deceuninck-QuickStep viene considerata la corazzata da battere in qualsiasi corsa del WorldTour, un discorso molto simile lo potremmo fare in ambito femminile con la SD Worx. Tra le grandi campionesse della squadra troviamo anche la nostra Elena Cecchini che, dopo molti anni felici alla Canyon SRAM, ha deciso di cambiare aria per gettarsi in questa nuova avventura nella formazione olandese.

La stagione ha vissuto alcuni alti e alcuni bassi. Sicuramente pesa, e lei lo ricorda, la mancata convocazione per le Olimpiadi di Tokyo, suo grande obiettivo all’inizio dell’anno. Nelle classiche, al Giro d’Italia e anche al mondiale di Lovanio la Cecchini si è tolta le soddisfazioni più grandi, aiutando le varie capitane a raggiungere successi che sente anche suoi.

Cerchiamo con lei di capire che stagione è stata e di scoprire ancora di più di questo squadrone che domina il ciclismo femminile. Un pensiero poi ad Anna van der Breggen, sua compagna di squadra, che si ritirerà a fine anno.

Elena, qual è il tuo bilancio della stagione?

«Alla fine di tutto posso ritenermi soddisfatta. Come ogni anno ci sono momenti migliori ad altri più difficili, come aver saltato l’Olimpiade. La scelta di andare alla SD Worx comunque la rifarei. Avevo bisogno di cambiare aria e la prima stagione con loro è stata più che positiva».

Che ambiente è quello della SD Worx?

«Da fuori potrebbe sembrare una squadra vincente perché chiusa, fissata con la preparazione e con gli allenamenti. Una sorta di “carcere” sportivo. Invece non è per nulla così, c’è un clima sempre sereno e rilassato».

È quello il segreto di tanto successo?

In squadra c’è grandissimo talento, è quello fare la differenza. Poi avere un ambiente positivo fa sempre bene a tutte le atlete. A dirla tutta solitamente arrivo a fine stagione davvero stanca, quest’anno un po’ di meno e forse è dovuto proprio a questo che ci stiamo dicendo. Poi, fa strano dirlo, ma quella più tranquilla prima delle corse è proprio Anna van der Breggen…»

Com’è averla da compagna di squadra?

«È davvero un’ottima compagna, disponibile con tutti e pronta a scherzare quando il momento lo permette. Poi è supportata da un motore enorme che gli permette di vincere tutto quello che ha vinto. Pensate che dopo la Strade Bianche ci siamo anche andate a fare un buon bicchiere di vino insieme. Non è affatto un robot».

Condividi la sua scelta di ritirarsi relativamente giovane?

«Questa cosa di tirare la corda finché non si spezza è una cosa molto italiana. Anna vuole salutare il ciclismo da vincente, sulla cresta dell’onda come si suol dire. Poi vuole dedicarsi alla costruzione di una famiglia e ritirarsi “giovane” sicuramente l’aiuta. Comunque non credo saluterà definitivamente il mondo delle corse, già alla Roubaix è salita in ammiraglia calandosi bene nella parte. Potrebbe diventare un’ottima ds».

Tornando a te. Per l’anno prossimo che obiettivi ti sei prefissata?

«È ancora presto per pensarci, la stagione sta per finire e sicuramente l’idea è quella di staccare e andare in vacanza. Mi piacerebbe comunque correre nuovamente le classiche in primavera, fermarmi e ripartire con il Giro d’Italia».

E il Tour?

«Mi piace andare un po’ controcorrente. Che abbiano annunciato il Tour de France femminile è bellissimo, ma vedo che si sta creando davvero troppa attesa. Il calendario è ogni anno più lungo e ci sono gare altrettanto importanti sparse per tutto l’arco della stagione. Il Giro d’Italia è senza dubbio una di queste. Non vorrei che la Boucle soffochi un po’ tutte le altre corse».

Per concludere. Come hai visto Viviani prima dei mondiali su pista di Roubaix?

«Elia non l’ho praticamente mai visto in questo periodo. È rimasto in Francia dopo le ultime corse su strada. Comunque l’ho sentito telefonicamente e mi è apparso davvero motivato. L’unica cosa che gli manca in carriera è un titolo iridato, non sarà facile ma lui ci crede e io credo in lui».