INCHIESTA / Mario Chiesa non ci sta: «Da direttore sportivo non porterei mai i miei giovani ad una gara amatoriale»

Mario Chiesa, diesse della Iseo Rime Carnovali Sias, al Giro del Friuli
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Mario Chiesa è stato professionista dal 1988 al 1997 e negli ultimi vent’anni è stato direttore sportivo di svariate realtà, dalle formazioni di primo piano a quelle giovanili. Attualmente è alla Iseo Rime Carnovali Sias e nell’ambiente dilettantistico la sua voce è sempre ascoltata. «Mi chiedete se sono d’accordo? Domanda retorica: ovviamente non lo sono e faccio ancora fatica a capire i motivi che hanno portato la Federazione a prendere questa decisione».

Pare che la proposta sia stata avanzata dal settore amatoriale, non da quello giovanile.

«Ma sono due settori completamente diversi, secondo me non si integrano in nessuna maniera e non hanno punti di contatto. L’amatore lavora e pedala nel tempo libero, lo juniores e l’Under 23 pedalano perché sognano di far diventare il ciclismo il loro lavoro».

Da direttore sportivo qual è la prima cosa che hai pensato?

«Che io non porterei mai i miei ragazzi ad una gara amatoriale. Mi metto nei panni di uno sponsor: preferirei correre all’estero e in appuntamenti internazionali, piuttosto che dominare una gara amatoriale del paese o della provincia. Mi sembra ridicolo soltanto parlarne».

Non ci sono differenze tra Under 23 e juniores, da questo punto di vista?

«Guarda, l’unica eccezione che posso accettare è quella di un ragazzo che partecipa a qualche Gran Fondo perché davvero nella sua zona non ci sono squadre né corse. Però se mi guardo intorno mi viene da dire che di gare dilettantistiche ce ne sono e anche tante, al centro e soprattutto al Nord a volte ci sono due o tre corse nello stesso giorno. Può aver senso in certe aree dal Sud, tutt’al più».

Quali alternative ti vengono in mente per far correre di più chi non partecipa a molte gare?

«Guarda, come ci sono i dilettanti che nella seconda metà della stagione corrono da stagisti coi professionisti, secondo me eccezionalmente si potrebbe fare anche con gli juniores: più volentieri che lasciarli fermi o con gli amatori, facciamoli partecipare a qualche gara più tranquilla con gli Under 23».

Hai parlato di Gran Fondo e non di gare amatoriali in generale. Perché?

«Mi pare ovvio, perché nelle prime c’è un’organizzazione molto più forte e strutturata. Ma come, tanti addetti ai lavori inorridiscono quando si parla di circuiti di paese tra gli Under 23 e adesso queste gare le andiamo a cercare addirittura tra gli amatori?»

Tu sei tra questi, Mario?

«No, sono consapevole del fatto che un giovane per crescere ha bisogno di un’attività di alto profilo, ma l’idea di farlo partecipare a qualche gara più semplice e più breve non mi impaurisce. Però appunto, glielo farei fare coi pari età a livello dilettantistico, mica con gli amatori».

Apprezzi l’amatoriale?

«Lo rispetto perché è un motore incredibile per l’intero movimento e lo apprezzo finché rimane spontaneo, leggero e sincero. Gli amatori esasperati, invece, proprio non li sopporto. Odio la frenesia nelle categorie giovanili, figurarsi tra gli amatori. Secondo me distinguere il ciclismo giovanile da quello amatoriale significa salvaguardare entrambi, specialmente il primo. E noi è questo che dobbiamo fare».