INCHIESTA / È stato Martinello ad alzare il polverone: «La Federazione non vuole aiutare il ciclismo giovanile, ma tutelare quello amatoriale»

Silvio Martinello al Giro d'Italia 2021 come voce tecnica di Radio1 Rai, per il programma "Sulle Strade del Giro"
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Il polverone intorno alle ultime decisioni federali in merito al ciclismo giovanile e a quello amatoriale l’ha alzato ancora una volta lui, Silvio Martinello, il grande sconfitto delle ultime elezioni. Il veneto parte proprio da questo concetto: «Io ho perso e Cordiano Dagnoni è il nuovo presidente, fin qui non ci piove. Ma siccome ho comunque incassato il 42% di preferenze, credo sia giusto farmi portavoce di questa bella fetta di addetti ai lavori che non condividono nella maniera più assoluta le scelte della Federazione». Su quibicisport.

Entriamo nel merito, Silvio. Cosa c’è che non va?

«Mi trovo d’accordo con quello che vi ha detto Rino De Candido: bisogna fare una distinzione fondamentale. La tassa unica che pagherebbe l’organizzatore di un evento amatoriale nel caso in cui decidesse di allestire anche una gara giovanile, ad esempio, mi sembra un buon incentivo. Tant’è che io stesso ne parlavo nel mio programma quando mi sono candidato».

Spiegati meglio.

«L’idea era quella di stipulare degli accordi con le Gran Fondo italiane più importanti per mettere in piedi delle gare agonistiche giovanili alla vigilia della grande manifestazione amatoriale. Dico le più importanti perché sono le sole, per me, in grado di poterlo fare».

Qual è il punto che invece non hai digerito?

«Ovviamente quello in cui si dice che i comitati regionali possono gestire come vogliono, e come meglio credono, la partecipazione di juniores e Under 23 agli eventi amatoriali. Ma non è soltanto il concetto ad infastidirmi, ma anche i modi usati: le persone che io ho invitato ad esprimersi con chiarezza in merito non hanno fatto altro che concentrarsi sull’altro punto, quello più facilmente condivisibile, senza mai approfondire quello più delicato».

Cosa, precisamente, ti ha fatto arrabbiare?

«Allora, intanto bisogna fare un’altra precisazione, perché ascoltando diversi pareri mi sono reso conto che in molti hanno travisato: la dicitura “gare amatoriali” usata dalla Federazione li racchiude tutti. Non soltanto le Gran Fondo, ma anche il circuito del campanile».

Questa polemica è scoppiata nel mese degli europei e dei mondiali, due manifestazioni fondamentali per i nostri giovani che si possono così confrontare con i coetanei di tutto il mondo. Questa mossa della Federazione non va in direzione contraria?

«Assolutamente sì ed è proprio questo il problema. Una follia, una scelleratezza, l’ennesimo errore di un consiglio federale per me inadeguato. Che segnale diamo ai nostri ragazzi e al movimento in generale? Ma come, De Candido dopo gli europei dice che i nostri ragazzi hanno bisogno del confronto internazionale e poi si prendono decisioni simili? Io poi non sopporto anche un’altra cosa».

Quale?

«Che la Federazione se ne lavi completamente le mani, scaricando il barile addosso ai vari comitati regionali. I quali, attenzione, non erano al corrente di questa manovra. Lo puntualizzo perché certi esponenti federali sostengono il contrario, ovvero che i vari comitati regionali erano stati informati ed erano addirittura favorevoli».

Però è innegabile che, mentre quello giovanile vive anni difficili, il movimento amatoriale sta crescendo esponenzialmente.

«È un dato di fatto. Però anche qui dobbiamo capirci, se vogliamo che il ciclismo amatoriale aiuti quello giovanile le strade sono due: o gli organizzatori decidono di investire una piccola parte dei loro guadagni, oppure dovrebbe essere la Federazione a destinare una percentuale delle tasse “amatoriali” all’attività di questi ragazzi. Altrimenti alla lunga il giocattolo si rompe».

Ma perché prendere una decisione così impopolare che all’apparenza sembra non giovare a nessuno?

«Allora, la Federazione ormai combacia sempre di più con la Lombardia. Uno dei miei grandi contestatori, di pari passo con Gianantonio Crisafulli, guardacaso è Luca Londoni, figura molto potente del ciclismo amatoriale lombardo. Ecco, probabilmente dietro c’è un gioco di favori. Che la proposta sia arrivata dal settore amatoriale e non da quello giovanile fa riflettere…».

A cosa pensi?

«Al fatto che, molto banalmente, con la scusa di voler aiutare il ciclismo giovanile non si fa altro che tutelare quello amatoriale, visti e considerati i numeri importantissimi che questo genera. La verità è che nel programma di Cordiano Dagnoni non c’era nemmeno un progetto, se non quello di riportare la Sei Giorni delle Rose a Milano, direi l’ultimo dei nostri problemi. Quindi, ecco, di tutti questi scivoloni mi stupisco fino ad un certo punto».