Aru si ritira, il fratello Matteo svela tutto: «Attaccato da chi diceva di stimarlo, sono stati anni duri. Il futuro? Mai dire mai»

Aru
Matteo Aru e suo fratello Fabio in una foto d'archivio a Villacidro, casa del campione sardo.
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L’aria della Sardegna è calda e densa, quasi sembra di poterla toccare e il suo profumo sa di un passato struggente e fierezza antica. Un insolito giorno di Ferragosto segnato dalla pandemia è archiviato e tra poche ore ci sarà la partenza della terza tappa della Vuelta de Espana, la prima di montagna: partenza da Santo Domingo de Silos arrivo a Picon Blanco, salita di 7,6 km con pendenza media del 9,3%. I tifosi sardi attendono silenziosi, quasi fossero in preghiera: è il giorno di Fabio Aru, il loro Cavaliere che tornerà sulle sue amate salite, quelle dove troverà al suo fianco campioni quali Roglic, Bernal e Carapaz. C’è attesa, curiosità soprattutto dopo l’annuncio del suo ritiro. Un ritiro che ha sconvolto tanti ma che è frutto di una riflessione minuziosa come rimarca suo fratello Matteo, Presidente dal 2017 del Fan Club.

 «La decisione di Fabio non è stata impulsiva, né dettata da un momento di rabbia – puntualizza Matteo, mentre risponde telefonicamente dall’Isola Rossa dove è in vacanza – «Ci aspettavamo compisse questo passo, anche perché gli ultimi anni sono stati estremamente difficili, sia dal punto di vista umano che sportivo».

Matteo e Fabio Aru ai tempi dell’Astana.

Anni dove i risultati non ci sono stati, anni dove infortuni cavilli di ogni tipo hanno minato l’efficienza di un talento puro cresciuto a pane e ciclismo nella sua Villacidro.  «Purtroppo, i problemi che si sono verificati dal 2018 a oggi non possono certo essere dimenticati», continua Matteo.  «Quello che ci è dispiaciuto maggiormente è stato vedere Fabio attaccato da chi si diceva suo estimatore: si è andati oltre, cadendo sul personale senza conoscere minimamente le difficoltà che in quel momento stava passando».

Difficoltà che però non hanno fatto venire meno la passione per il ciclismo al Cavaliere dei Quattro Mori che, dopo un incoraggiante secondo posto alla Vuelta a Burgos, è pronto ad emozionare i suoi aficionados nelle strade spagnole che lo hanno consacrato.  «La Spagna ama Fabio e Fabio ama la Spagna: è come se corresse nella nostra Sardegna», rivela Matteo.  «Anche la nostra famiglia conserva dei ricordi bellissimi della Vuelta e della sua carovana: solidarietà, sorrisi e amore sincero per uno spettacolo itinerante in grado di reinventarsi anni dopo anno».

Sarà davvero l’epilogo per Fabio Aru? Sarà davvero la fine della carriera per il vincitore della Vuelta nel 2015?  «Fabio è molto deciso quando fa una scelta ma mai dire mai: bisogna sempre lasciare il privilegio del dubbio e valutare strada facendo», conclude Matteo con un pizzico di nostalgia.  «Fatto sta che Fabio ha voglia di fare bene e ha desiderio di vincere: se sta bene non starà a guardare e attaccherà. Lo deve a se stesso e ai tanti tifosi che in tutto il mondo hanno gioito per lui e continueranno a stimarlo come atleta e come uomo, capace di rialzarsi dopo le cadute e gli imprevisti».