Valverde-Liegi, una storia infinita. Domenica cerca l’aggancio a Merckx

Alejandro Valverde trionfa alla Liegi 2006 in maglia Caisse d'Epargne - Illes Balears, davanti a Paolo Bettini e Damiano Cunego (foto: Yuzuru Sunada)
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Avvertenza: dovremmo celebrare un avvenimento a suo modo storico, l’ultima Liegi-Bastogne-Liegi di Alejandro Valverde, domenica 25 aprile 2021, giorno del suo quarantunesimo compleanno. Però c’è un problema: Valverde ci ha appena fatto sapere che, beh, in effetti, forse questa potrebbe anche non essere l’ultima. «Mi sento così bene che mi viene voglia di continuare un altro anno». L’ha detto mercoledì pomeriggio, dopo aver tagliato il traguardo della Freccia Vallone al terzo posto, dietro agli inarrivabili Alaphilippe e Roglic. Quindi, parleremo dell’ultima Liegi di Valverde sapendo che fra un anno potremmo essere qui a riparlarne, quando gli anni (quelli di Valverde) saranno quarantadue. E’ la dimostrazione che ci sono corridori infiniti, che non vogliono saperne di chiudere il sipario. Rimaniamo a Valverde. Ci saremmo aspettati di vederlo chiudere in bellezza nell’autunno 2018, a Innsbruck, quando è diventato campione del mondo facendo piangere tutti (tutti, non è un modo di dire) gli inviati spagnoli al seguito dalla corsa. Ma essersi messo addosso finalmente l’arcobaleno gli ha aumentato le forze, così ha scelto di andare avanti.

La corsa del destino di Valverde

Di tante corse, Freccia e Liegi sembrano fatte proprio per lui: cadono nella settimana del suo compleanno, e sono quindici anni che ne dispone come crede. Proprio nel 2006 le vinse tutte e due, inaugurando un dominio quasi incontrastato: cinque vittorie sul muro di Huy, quattro nella Doyenne, e se ci mettiamo tutte le volte che è andato sul podio arriviamo a 16 (ma il terzo posto alla Liegi 2010 gli è stato revocato per l’inchiesta sull’Operacion Puerto). L’unica volta che nella Doyenne è andato oltre il ventesimo posto nell’ordine d’arrivo è stato nel 2005: ma era l’anno del debutto, è comunque è arrivato trentaquattresimo, mica ultimo. L’ultima volta che l’ha corsa è stato due anni fa, ed è stata anche l’unica volta che l’Embatido non è arrivato a tagliare il traguardo. C’è una ragione: tre giorni prima della Liegi era caduto in allenamento, procurandosi una dolorosa contusione all’osso sacro. Quel giorno, sotto una pioggia molto belga, ci aveva provato lo stesso ma poi si era dovuto arrendere ed era salito sull’ammiraglia quando mancavano ancora cento chilometri al traguardo. Soltanto poco tempo fa Valverde ha raccontato la dinamica di quella caduta. «Avevo provato a fare un’impennata, per imitare Mathieu van der Poel, e mi ero ritrovato col sedere per terra». Perché il segreto è molto semplice: arrivi a quarant’anni (quarantuno fra pochissimo) se a correre ti diverti.

Il sogno

Dopo l’orribile 2020, che gli aveva addirittura fatto pensare al ritiro, Valverde torna alla «sua» Liegi. Non sarà il favorito numero uno, ma nella griglia dei favoriti il suo nome c’è. Per forza. «Ho ritrovato la pedalata, sono molto motivato, con tanta voglia. La mia sensazione non è che compirò 41 anni, nella mia testa è come se ne avessi 30. Mi diverto ancora al cento per cento e spero che i tifosi si divertano con me». Nell’albo d’oro della Doyenne c’è soltanto un corridore che ha vinto più di lui: Eddy Merckx, cinque volte. Ma quello è Merckx. A quota quattro Valverde e Argentin. E se Argentin non può più arrotondare, con l’Embatido non si sa mai.

Quinto all’Amstel, terzo alla Freccia… Finite voi la frase. La Liegi è sicuramente la più adatta a lui: 260 chilometri che ti sfiniscono, ti usurano, ti rodono dentro. E gli occhi di tutti saranno puntati su corridori più freschi e più giovani: al punto che anche uno che questa classica l’ha vinta quattro volte può partire senza troppa pressione. Quasi un paradosso. Perché se l’Embatido vincesse ancora, stavolta raggiungerebbe Merckx.