Elena Cecchini, ci sveli i segreti di “sua maestà” Van der Breggen?

Elena Cecchini Sd Worx
Elena Cecchini è elite dal 2011. Quest'anno corre nella formazione olandese WorldTour Sd Worx
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A 28 anni Elena Cecchini ha firmato per due stagioni con la Sd Worx di “sua maestà” Anna Van der Breggen, doppia campionessa del mondo in carica (in linea e a crono) e olimpionica di Rio con un palmares sterminato: tre Giri, sei Frecce, due Liegi, un Fiandre, una Strade Bianche. A fine anno la fuoriclasse olandese si ritirerà intanto, giusto per mettere in chiaro che stagione sarà la sua, ha iniziato la vincendo la Het Nieuswblad.

Insomma Elena è approdata nel “covo” delle olandesi, le nostre rivali storiche dell’ultimo decennio, pronta a carpirne tutti i segreti. La curiosità è grande, ma cos’hanno in più queste olandesi?

La risposta di Elena è preceduta da una risata…

«Pensiamo sempre che facciano cose straordinarie, invece sono soltanto molto concentrate sulla bici. Non hanno paura della fatica, si allenano molto bene, sono super professionali, però scese dalla bici tornano ad essere delle ragazze normalissime con la loro vita, che non è soltanto il ciclismo. Però non ti nascondo che anche io avevo voglia di capire cos’hanno in più queste ragazze…».

E l’hai capito?

«Penso di sì, proprio nella prima gara (Le Samyn des Dames, ndr). In quei cento chilometri scarsi ho percepito che rispetto alle altre squadre loro partono convinte della loro potenzialità. Ho riscoperto il piacere di correre in bici all’attacco, di fare la gara, qualcosa che forse mi mancava nella mia squadra precedente, in cui correvamo più in difesa. Eppure nonostante questo è un gruppo nel quale non si sente la pressione».

Invece con la Van der Breggen correrai la Strade Bianche. Per te che spazi ci sono?

«È chiaro che abbiamo tante atlete forti a cominciare da Anna e che probabilmente lavorerò per lei. Però dipende anche dal meteo, da come va la gara, questa squadra crea le situazioni sul campo, non escludo anche un mio risultato».

Anna che tipo è in gruppo?

«È una ragazza molto tranquilla, tanto per fare un esempio non è un’estroversa alla Giorgia Bronzini per intenderci…. Ha un grandissimo potenziale fisico e mentale, ma la sua arma vincente è la serenità, il fatto di non stressarsi inutilmente. Soprattutto in questa sua ultima stagione si vede che è partita con la voglia di godersi ogni momento».

E come leader?

«Ha un grande carisma naturale che le viene dalla sua carriera, ma è sempre pronta ad aiutare, a dare consigli e soprattutto quando parla ha sempre qualcosa di intelligente da dire».

E tu le hai chiesto qualcosa in particolare?

«Mi è capitato durante i ritiri di chiederle consigli sull’allenamento, ma per me anche solo pedalarle accanto, guardarla, è importante: in questo anno cercherò di “succhiare” il più possibile, di imparare il massimo da lei».

Ad aprile compirà 31 anni, presto per il ritiro?

«Forse è presto per il nostro modo di pensare “italiano”, ma capisco e rispetto questa sua scelta di vita: ha vinto tutto, è sposata, vuole una famiglia…».

Però rimarrà nell’ambiente…

«Sì ha firmato con la squadra, ma non so cosa farà di preciso, non penso che ci si possa improvvisare tecnico dall’oggi al domani…».

Come è nato il contatto con la Sd Works?

«Lo scorso anno in pieno lockdown mi hanno contattato loro, io venivo da cinque anni alla Canyon-Sram e non è stato facile lasciare quel gruppo che per me era quasi una famiglia, la mia “comfort zone”. Però l’occasione era troppo importante per lasciarsela scappare, ho parlato con le Fiamme Azzurre (Elena è nella Polizia Penitenziaria dal 2012, ndr) e anche loro sono stati d’accordo».

La Trek-Segafredo è già stata in ricognizione sul pavé della Roubaix, la grande novità di quest’anno. Tu la farai?

«È ancora un punto interrogativo, è nel mio programma ma ho deciso di sciogliere la riserva dopo aver provato il tracciato. Noi non abbiamo mai corso su quel tipo di pavé, voglio capire se posso essere competitiva e d’aiuto, però per tutto il ciclismo femminile è un grandissimo risultato: abbiamo lottato così tanto per averla…».

Van der Breggen sarà in gruppo?

«No, è troppo leggerina per quel tipo di gara…».

Giro, Olimpiadi, mondiali: i tre grandi obiettivi della stagione. Cominciamo dalla corsa rosa che dovrebbe finire nella tua regione con l’ultima tappa che parte da Cividale del Friuli e arriva sul Matajur, una salita inedita al confine con la Slovenia, con la regia di Enzo Cainero…

«Appena potrò, visto che non mi alleno molto nelle mie zone, farò una ricognizione delle ultime due tappe. Ce ne dovrebbe essere anche un’altra in provincia di Gorizia, comunque Enzo dà sempre garanzia di altissimo livello». 

Che Giro ti aspetti?

«Penso che sarà un Giro duro e di preparazione per chi andrà alle Olimpiadi: anche se non è più una gara WorldTour, tutte le migliori al mondo saranno alla partenza».

In vista delle Olimpiadi che programmi hai? Ti sei confrontata con il ct Salvoldi?

«Ne avevamo parlato a inizio 2020, negli ultimi tempi non ci siamo sentiti. Ho delle perplessità sul percorso: c’è chi dice che sia tipo Rio, altre che l’hanno visto dicono che è più duro: per me è un grande obiettivo, però bisogna andare forte. Ricordo ancora quanto sia stata durissima la selezione per Rio 2016, la concorrenza è altissima non è facile strappare una delle quattro maglie azzurre disponibili. Il mio obiettivo è di andare forte, parlare con i risultati, fare bene ad ogni gara, ma senza stressarmi troppo e se non sarò selezionata per le Olimpiadi cercherò di rifarmi ai mondiali in Belgio».

Hai già visto il percorso?

«Ancora no ma so che non ci sarà moltissimo pavé, mentre le salite sono tante: sarà più duro di un Fiandre e come sempre condizionato dal meteo».

Nel gruppo delle azzurre sei ormai una veterana…

«In realtà (ride…) quando sono in nazionale mi sento “vecchia”, quando sono nel mio team mi sento giovane con tante cose ancora da imparare. Se penso alla mia carriera fino ad ora il tempo è volato: sembra l’altro giorno che ero alle Olimpiadi di Rio ed ero la ragazzina del gruppo…».

Delle nostre giovani in rampa di lancio chi ti convince di più?

«Abbiamo tanti talenti in pista che però aspetto di vedere anche su strada una volta finito il ciclo olimpico di Tokyo. Penso ad esempio a Letizia Paternoster alla quale auguro di non perdere i punti fermi della sua vita. Lei ha un grandissimo talento, allo stesso tempo ha molto riscontro anche sui social, le piacciono, li cura molto però potrebbero essere una “distrazione”. Elisa Balsamo ha già ottenuto risultati importanti ed è una ragazza molto intelligente, ma penso anche ad Elena Pirrone, Vittoria Guazzini. Dino (il ct Salvoldi, ndr) può stare tranquillo per i prossimi anni».

La stagione non era iniziata bene con i problemi di Elia al cuore. 

«Lo spavento è stato grande, ma poi ho cercato di buttarla sul ridere. “Elia, il tuo cuore non ha retto al decimo anno insieme”, gli dicevo per sdrammatizzare».

Infatti la tempistica è quella: tu e Viviani state insieme “ufficialmente” dal gennaio 2012, anche se vi eravate conosciuti un paio di anni prima quando eri ancora junior ed Elia under 23. Certo è stata una bella botta…

«La sua fortuna è stata quella di rivolgersi al dottor Corsetti che è uno specialista in cardiologia e lo ha spinto a fare gli approfondimenti. Alla fine si è risolto tutto nel giro di un paio di settimane. Uscivo ad allenarmi col cuore pesante perché sapevo che era solo a casa ad aspettarmi e non era facile». 

Anche tu come Anna Van der Breggen stai progettando di metter su famiglia?

«Mi rendo conto che il tempo passa e considero la mia carriera una bella parentesi della mia vita ma è chiaro che guardo avanti. Vorrei ancora correre tre-quattro anni ai miei livelli. Dopo il ritiro rimarrò nelle Fiamme Azzurre, ma non mi vedo su un’ammiraglia, piuttosto mi piacerebbe dare una mano in qualche squadra di giovani».