AMARCORD/4 Rominger no limits: quando a Bordeaux portò il record dell’Ora oltre il muro dei 55 chilometri

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Accadde tutto in maniera sbrigativa, quasi per caso. Il 22 ottobre del 1994 Tony Rominger scese sulla pista del velodromo di Bordeaux, con l’idea di fare un test sull’Ora. Nelle sue intenzioni, in accordo con il preparatore Michele Ferrari, doveva essere una sorta di prova generale in vista della vera e propria caccia al record, da effettuare in altura qualche giorno dopo, a Città del Messico o Quito. 

Lo svizzero, allora trentatreenne, in quegli anni poteva essere considerato uno dei quattro-cinque migliori corridori del mondo. Dal 1992 aveva confezionato un trionfale tris alla Vuelta, a cui aveva aggiunto due Giri di Lombardia. L’anno dopo, 1995, avrebbe conquistato anche il Giro d’Italia.

Quanto alla pista, però, era un neofita assoluto, tanto che alla prima curva del primo allenamento a Bordeaux era finito a gambe all’aria. Per di più, laddove da Moser in poi il record dell’Ora era stato il luogo di spericolate innovazioni tecnologiche, Rominger si presentò con una Colnago dal telaio tradizionale, “arricchito” solo da due ruote lenticolari. 

Tony Rominger in azione durante il Record dell’ora del 1994.

Due primati in due settimane: e doveva soltanto allenarsi!

Il riferimento era Miguel Indurain, che cinquanta giorni prima, sulla stessa pista francese, si era impossessato del record fermando le lancette a chilometri 53,040. Rominger, in maglia Mapei dall’inizio di quella stagione, cominciò a inanellare giri e via via si capì che stava accadendo qualcosa di grande. Il vantaggio sullo spagnolo, già sensibile dopo 5 chilometri, divenne via via più ampio.

Allo scoccare dell’Ora la distanza percorsa era di 53 chilometri e 832 metri, vale a dire 792 metri più del primato precedente. Osanna e peana per lo svizzero, anche se la sua freschezza al termine di una prova tradizionalmente durissima generò qualche inevitabile commento tagliente. 

Ma il meglio doveva ancora arrivare: il 5 novembre Rominger ci riprovò, ancora a Bordeaux. Stavolta in diretta televisiva e con un buon pubblico. Diversa anche la bici, con un telaio più aerodinamico e un manubrio avveniristico.

Il suo exploit fu fantascientifico, perché migliorò se stesso di quasi 1500 metri, sbriciolando il muro dei 55 chilometri approdando a un impensabile 55,291, proprio il numero messo in evidenza da BS nel giornale uscito qualche giorno dopo.

Oggi quelle due performance straordinarie non figurano tra i record omologati: nel 2000, l’Uci decise di annullare tutti i primati ottenuti su bici “speciali”, dal Moser del 1984 al Boardman del 1996. 

Il record attuale, stabilito in 55,089 da Campenaerts nel 2019, ha solo sfiorato l’impresa di Rominger, tramandata ai posteri 25 anni prima.