In queste ultime ore si è parlato molto degli eccessivi tatticisimi che ieri hanno impedito a Thibaud Gruel e Paul Lapeira di vincere la Parigi-Tours: i due francesi al triangolo rosso dell’ultimo chilometro conservavano ancora un margine superiore ai 10 secondi sul gruppetto di Matteo Trentin, ma hanno cominciato a guardarsi e alla fine sono stati ripresi. Non è la prima volta (e certamente non sarà l’ultima) in cui due corridori si marcano troppo, rifiutandosi entrambi di tirare per agevolare l’altro, e finiscono per buttare via una vittoria praticamente già certa. Ecco cinque esempi, più o meno recenti nella storia del ciclismo, in cui si è verificata una situazione del genere.
Bartali e Coppi al mondiale di Valkenburg 1948
Questo è probabilmente l’episodio più eclatante in assoluto, perché a marcarsi fino allo sfinimento furono due compagni di nazionale, che già da anni però davano vita a una delle rivalità più famose della storia del ciclismo: Gino Bartali e Fausto Coppi. In occasione dei mondiali di Valkenburg, Ginetaccio e il Campionissimo partivano da grandi favoriti e da leader assoluti della nazionale italiana: uno aveva vinto il Tour de France contribuendo anche alla rinascita del paese dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’altro aveva conquistato la Milano-Sanremo e due tappe al Giro d’Italia.
Ma quel giorno, a Valkenburg, nessuno voleva che l’altro vincesse. Il risultato? Il gruppo li staccò presto, addirittura furono quasi doppiati, e finirono per ritirarsi. Vinse il belga Briek Schotte, che al Tour era arrivato secondo a quasi mezz’ora da Bartali. Luciano Maggini, quarto, fu il miglior italiano. La Federazione punì Bartali e Coppi con due mesi di squalifica, poi ridotti a uno: il Campionissimo, a fine ottobre, andò a vincere il suo terzo Lombardia.

Criquielion e Roche alla Liegi-Bastogne-Liegi 1987
Nel 1987, Stephen Roche ha vinto il Giro d’Italia, il Tour de France e il mondiale, mentre Claude Criquielion ha conquistato il Giro delle Fiandre: il palmares dei due, però, sarebbe potuto essere ancora più ricco se non si fossero guardati un po’ troppo nel finale della Liegi-Bastogne-Liegi. A pochi chilometri dal traguardo, il loro vantaggio era ancora di 35″ su un gruppetto con Marc Madiot, Robert Millar e il campione del mondo (e vincitore delle ultime due edizioni della Doyenne) Moreno Argentin.
Ma nel finale Roche si è messo a ruota rifiutandosi categoricamente di dare cambi al rivale, che riteneva più veloce; Criquielion, per evitare di tirare di fatto la volata al suo avversario, ha quindi rallentato drasticamente l’andatura. Incredibilmente, nelle ultima centinaia di metri i tre inseguitori sono rientrati, e in volata Argentin ha avuto la meglio proprio su Roche e Criquielion, vincendo così la sua terza Liegi consecutiva.

Cassani e Chiappucci alla Coppa Placci 1992
Un altro finale che viene spesso ricordato quando accadono episodi di questo tipo è quello della Coppa Placci 1992. Davide Cassani e Claudio Chiappucci avevano dominato la corsa, staccando tutti i rivali, ma nessuno dei due voleva prendere l’iniziativa sul rettilineo finale dritto e in leggera salita di San Marino. Già dentro l’ultimo chilometro, i due conservavano un buon margine sui corridori all’inseguimento, ma procedevano ad andatura molto moderata, con Cassani in prima posizione.
All’improvviso, a doppia velocità, è arrivato da dietro Johan Bruyneel, comparso come una scheggia nell’inquadratura televisiva. Il belga ha tirato dritto superando in un attimo i due italiani, colti alla sprovvista e incapaci di reagire nei pochi metri che mancavano al traguardo. E così alla fine ha vinto Bruyneel, non esattamente uno specialista delle gare di un giorno; secondo Chiappucci, che quella corsa l’aveva già vinta nel 1989 e in quel 1992 era già stato secondo al Giro e al Tour; terzo Cassani, che invece alla Coppa Placci è salito tre volte sul podio senza mai vincere.

Bardet e Pinot nella tappa di Mende al Tour de France 2015
Come quello di ieri, anche questo episodio ha coinvolto due corridori francesi, uno della AG2R e uno della FDJ. Nella tappa numero 14 del Tour de France 2015, con arrivo a Mende, il gruppo ha lasciato spazio alla fuga; sulle dure rampe dello strappo finale, che terminava a circa un chilometro e mezzo dal traguardo, Romain Bardet e Thibaut Pinot hanno staccato i compagni di avventura, e tutto lasciava pensare che sarebbero stati loro a giocarsi la vittoria. Ma i due erano acerrimi rivali: entrambi francesi, entrambi grandi speranze del pubblico di casa (ansioso di rivincere un Tour dopo trent’anni), entrambi leader di due squadre che da anni si contendevano lo scettro di miglior team transalpino.
Ancora una volta, quindi, hanno prevalso i tatticismi: tiro io, tiri tu, alla fine nessuno ha preso l’iniziativa e da dietro è rientrato Steve Cummings, esperto cacciatore di tappe che raramente sbagliava una fuga. Nell’ultimo chilometro non c’è stata storia: il britannico ha accelerato e gli altri due hanno continuato a guardarsi, senza andargli dietro con convinzione. Classifica finale: primo Cummings, secondo Pinot, terzo Bardet. Entrambi i francesi, comunque, sono poi riusciti a vincere una tappa nell’ultima settimana di quel Tour.

Alaphilippe e Fuglsang all’Amstel Gold Race 2019
In questo ultimo caso, la particolarità è che ad approfittare del marcamento tra il francese e il danese non è stato Kwiatkowski, il primo a rientrare sui due, ma Van der Poel che si trovava ancora più indietro. Alaphilippe e Fuglsang, grandi protagonisti delle classiche di quella primavera, si erano già giocati la Strade Bianche (vinta da Julian), il cui finale con il muro di via Santa Caterina lascia però decisamente poco spazio ai tatticismi. Diverso il caso dell’Amstel: negli ultimi chilometri Fuglsang, che aveva provato in tutti i modi a togliersi di ruota il francese in salita, ha smesso di tirare sentendosi battuto in uno sprint a due. Alaphilippe, dal canto suo, non voleva “scortare” il rivale in volata, e ha abbassato drasticamente l’andatura.
Il rientro di Kwiatkowski, concretizzatosi già dentro l’ultimo chilometro, poteva rappresentare la svolta in grado di rompere l’impasse tattica: il polacco, già vincitore dell’Amstel quattro anni prima, si accontentava infatti del podio e si è messo a tirare portandosi dietro gli altri due. Ma da dietro, a un’andatura molto superiore, è arrivato Van der Poel: il campione olandese ha tirato il gruppetto di inseguitori per quasi tutto l’ultimo chilometro, ma ha trovato ancora la forza di sprintare e nessuno è stato in grado di contrastarlo. Fuglsang ha chiuso terzo (dietro anche a Clarke), Alaphilippe quarto, uno stremato Kwiatkowski addirittura fuori dai dieci. Tra le tante grandi e importanti vittorie di Van der Poel, questa resta forse ancora oggi la più impressionante.










