Quello che sappiamo al momento è che il monossido di carbonio potrebbe essere utilizzato per aumentare le prestazioni degli atleti, configurando un’ipotesi – classica – di doping. Un doping difficile da controllare, dal momento che il livello di monossido di carbonio nel sangue può alzarsi per tanti motivi: il fumo delle sigarette, il traffico in strada, il monossido di carbonio è presente ovunque. E capire se l’assunzione è avvenuta volontariamente, attraverso una macchina creata proprio per migliorare le prestazioni, o invece per contaminazione è quasi impossibile.
È arrivata finalmente la decisione dell’UCI, che vieta (dal 10 febbraio) l’inalazione ripetuta di monossido di carbonio con la solita formula: non perché sia doping, ma a tutela della saluta degli atleti.
Non era più possibile procrastinare, anche se la Wada ancora non ha preso posizione. In settimana se n’era occupata L’Equipe in modo approfondito, sabato ci è tornato sopra l’Economist. Come ha scritto il quotidiano francese, i campi della medicina e della performance ogni tanto si sovrappongono, e il monossido di carbonio era stato utilizzato già a partire dagli anni Dieci del Novecento per misurare i volumi di sangue o le masse di emoglobina (che aumenta dell’1% con cento ore di esposizione a un’altitudine di 2.500 metri). Esiste una relazione molto stretta tra l’aumento della massa dell’emoglobina e quello del VO2 max, il consumo massimo di ossigeno in un atleta, uno dei parametri chiave della prestazione.
La macchina adoperata nel ciclismo si chiama Detalo, l’ha progettata un danese, Carsten Lundby, e semplifica i test. Fate conto di vedere una piccola stampante collegata a una bombola di gas. Il costo non è proibitivo: 50.000 euro. Lo stesso progettista avverte: «Sono contro l’inalazione di monossido di carbonio con l’obiettivo di migliorare le prestazioni. Penso che sia contro lo spirito dello sport. Non voglio che miei figli inalino un gas tossico con l’idea di farlo per diventare campioni del mondo». La finalità del rebreathing è quella di determinare il volume della parte corpuscolare del sangue, non quella di creare una carenza artificiale di ossigeno. «Sconsigliamo fortemente l’uso del monossido di carbonio per fini prestativi. È una cosa che può creare rischi per la salute e, oltre un certo limite, diventare tossica», ha aggiunto Lundby.
In Francia ci sono tre macchine Detalo a disposizione degli atleti di tutte le discipline: a Parigi presso l’Insep, a Font-Romeu presso il Centro nazionale di allenamento in altitudine che sorge sui Pirenei, ad appena dieci chilometri dalla Spagna, e a Chamonix presso la Scuola nazionale di sci e alpinismo. Ben vengano i test, ovviamente. Ma se la macchina viene utilizzata per pompare monossido di carbonio nei corpo la questione cambia: l’assunzione simula gli effetti della presenza in quota.
Interrogato sull’argomento, Jonas Vingegaard lo scorso novembre era stato soft, «la nostra inalazione di monossido di carbonio è equiparabile al fumare una sigaretta. E ci sono un sacco di persone che fumano ogni giorno. Quindi per me non c’è nessuna preoccupazione anche se io non ho mai fumato e mai lo farò». Più recentemente il campione danese ha detto a Le Monde che considera iniquo l’uso dell’inalatore per migliorare le prestazioni e che la Wada dovrebbe vietarlo.
I ricercatori interpellati dall’Equipe sono netti. Da Losanna Grégoire Millet, ammette che «quando inaliamo CO compromettiamo il trasporto di ossigeno ricreando quegli adattamenti dell’organismo che avvengono in alta quota». E, quel che è peggio, «non si conoscono gli effetti sulla salute a lungo termine».
Millet non sfugge alla questione centrale: è doping o no? «Con l’inalazione di monossido di carbonio entriamo nel campo della manipolazione chimica».
Jonas Forot, accompagnatore delle nazionali francesi di sci di fondo, ritiene scioccante che lo si possa presentare come un metodo rivoluzionario di allenamento. «Non è così: è doping». Aggiunge che il monossido di carbonio è «contrario alla mia etica sportiva».
La Wada pensa di inserirlo tra le manipolazioni del sangue, l’UCI per adesso ha vietato la pratica a tutela della salute. Rimane la questione fondamentale, la solita: come accertare che un atleta ha fatto uso del monossido? Come evitare che un alto livello di monossido di carbonio nel sangue di un atleta venga derubricato ad assunzione involontaria? Di contaminazioni ai limiti della realtà è purtroppo piena la storia dello sport.












