Scarselli: «Le continental hanno saccheggiato quelle piccole squadre che ora stanno chiudendo»

Leonardo Scarselli, 48 anni, è team manager della Maltinti, storica formazione dilettantistica toscana.
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«L’altro giorno ho letto l’intervista ad Amadori – non perde tempo Leonardo Scarselli, che da anni ormai manda avanti la baracca alla Maltinti – e sono d’accordo a metà. Senz’altro Marino ha ragione quando dice che è da pazzi voler impedire agli juniores di andare all’estero, obbligandoli a rimanere in Italia. Ma stiamo scherzando? Perché devo costringere un ragazzo talentuoso, che magari ha trovato un ingaggio importante che nel giro di qualche anno può proiettarlo nel professionismo, a restare controvoglia in una squadra italiana? Se se la sente, se ha ricevuto un’offerta prestigiosa e crede di esserne all’altezza, che vada. Da noi non ci sono più formazioni professionistiche di un certo livello, mettiamocelo bene in testa. E forse dovremmo farci un esame di coscienza: i ragazzi preferiscono andare all’estero perché non siamo più all’altezza della situazione».

Addirittura, Leonardo?

«Guarda, purtroppo le ultime stagioni mi hanno dato ragione. Dico purtroppo perché avevo predetto che alla lunga il dilettantismo italiano avrebbe pagato un prezzo elevato. Io fui uno dei primi a dire: capiamo dove vogliamo andare con le continental, altrimenti si finisce in una terra di mezzo che non giova a nessuno. È successo proprio quello che temevo: le continental italiane sono uniche al mondo, perché in sostanza fanno un’attività dilettantistica».

Non solo, però: ce ne sono alcune che spesso e volentieri corrono anche coi professionisti.

«Lo sai qual è il progetto più onesto e valido che c’è in Italia? Quello dei Reverberi, il loro vivaio interno. Praticamente fanno soltanto le internazionali, per il resto vanno all’estero e gareggiano coi professionisti. Questo dovevano, e dovrebbero, fare le continental. Essere il gradino intermedio tra il dilettantismo puro e la massima categoria: alle continental le internazionali e il gradino più basso del professionismo, alle squadre tradizionali come la Maltinti le gare regionali e nazionali».

Secondo Scarselli, il progetto giovani dei Reverberi (in foto, a sinistra Bruno e a destra il figlio Roberto) è il più efficace che c’è in Italia per quanto riguarda la valorizzazione dei talenti.

Che futuro immagini per formazioni come la vostra?

«Molto complicato. Guarda quante realtà non esistono più: la Viris ha chiuso, la Palazzago ha chiuso, Maltinti e Mastromarco notevolmente ridimensionate. Quando sono nate, le continental hanno fatto piazza pulita dei corridori, i quali ingenuamente si erano illusi di essere già quasi dei professionisti. Le squadre come la nostra si sono ritrovate impoverite, vecchie, svuotate di senso. Anticipo già l’obbiezione che avanzeranno in molti: ma tanto i corridori di certe formazioni sono già destinati a smettere, che problema c’è? Allora facciamo così, chiudiamo tutto e lasciamo correre le solite dieci squadre. Hai un’idea di quanto s’impoverirebbe il nostro movimento se altri piccoli team decidessero di cessare l’attività?».

Cosa, invece, non ti tornava del discorso di Amadori?

«Marino ragiona bene, ma idealmente. Certo che bisognerebbe tutti andare all’estero a correre, certo che bisognerebbe investire sulle strutture, sull’alimentazione, sui materiali. Ma poi bisogna fare i conti con la realtà. Io devo fare il massimo con quello che ho. Se il massimo significa provare a vincere le gare regionali e mettersi in mostra di tanto in tanto in quelle nazionali, devo prenderne atto. Io ho degli sponsor che mettono soldi per passione, è normale che si aspettino risultati e visibilità. Non si può campare di sola filantropia, non posso convincerli a rimanere con me non raccogliendo mai un risultato e provando soltanto a valorizzare i più giovani».

Riuscite ad ingaggiare dei corridori di talento?

«È molto difficile. I migliori juniores passano professionisti, la seconda fascia se la spartiscono le squadre di sviluppo, la terza va alle continental. Avete già capito chi viene da noi: ragazzi magari appassionatissimi, ma che fanno fatica a portare a termine le gare dei dilettanti. Quanti soldi devo investire per valorizzare un corridore così indietro? Quanto tempo devo aspettare per vedere un buon piazzamento, se mai arriverà? Quindi abbiamo deciso di puntare sugli elite, atleti che danno più garanzie e che secondo me vengono trattati in maniera ingiusta. Sai cosa mi fa ridere amaro?».

Prego.

«Le continental italiane che dieci anni fa iniziarono a fare man bassa di corridori, non rendendosi conto di quanto stavano impoverendo formazioni più piccole, adesso stanno vivendo la stessa situazione con le development. Per certi versi, oggi la Zalf e la Colpack sono la Maltinti di dieci anni fa: i loro migliori elementi preferiscono andare all’estero e agli juniores più talentuosi fanno fatica ad arrivarci. Adesso, forse, capiscono cosa abbiamo passato noi».

Francesco Di Felice (nella foto, vincente alla Coppa Caduti di Reda del 2022) sarà ancora il faro della Maltinti dopo una stagione che lo ha visto brillare perlopiù nelle gare regionali (foto Zannoni)

Per il resto, che stagione è stata per la Maltinti?

«Noi non abbiamo l’ambizione di partecipare al Giro e alle classiche internazionali. Se capita l’anno in cui abbiamo una formazione buona allora sì, altrimenti è giusto che partecipino le squadre più forti. Anche da questo punto di vista mi sa che non ci siamo capiti. La Maltinti e Scarselli non hanno problemi a veder andar via un giovane che hanno valorizzato: anzi, saremmo felici, testimonierebbe la bontà del nostro lavoro. Ma permetti che mi dia fastidio dare via un buon corridore ad una continental e poi ritrovarmelo magari tra i piedi l’anno dopo nelle stesse gare? La Maltinti e una continental sono due realtà differenti, non va bene che certe squadre possano prendere parte alle gare professionistiche e dilettantistiche, compresi i circuiti regionali organizzati dal prete».

Leonardo, non hai risposto: che stagione è stata per la Maltinti?

«Considerando le nostre dimensioni, direi buona. Abbiamo vinto quattro gare, centrando qualche piazzamento un po’ più prestigioso qua e là. Di Felice, ad esempio, che rimane con noi anche il prossimo anno, è arrivato quinto alla Firenze-Empoli e secondo al Matteotti. Stesso discorso per Hoeks, elite olandese che secondo me ha tanto da dare: ha chiuso quarto alla Zappi, secondo al Due Province e a Cerreto Guidi, ottavo alla Piccola Sanremo. Per ora, per il prossimo anno siamo in otto. Moro e Ciafardini hanno smesso, Butteroni ha preferito andare all’Hopplà. Di Felice rimane. E poi abbiamo preso Di Camillo, secondo anno della Sofer. Ha voglia di rilanciarsi, di trovare la sua dimensione. Viene da una continental. Come si dice in questi casi? Ironia della sorte, no?».