VUELTA 2023 / La leggenda del Tourmalet, la montagna cattiva

Il gruppo del Tour de France 2019 affronta il Tourmalet. Una salita storica che sarà presente anche nella Vuelta 2023 (foto: A.S.O./Thomas Maheux)
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Il 2023 è stato un anno speciale per il Col du Tourmalet: non soltanto ha fatto parte del percorso del Tour de France maschile e del Tour Femmes, ma oggi debutta come arrivo di tappa anche alla Vuelta (era già stato affrontato dalla corsa spagnola ma non era mai stato il traguardo). Con più di 4.000 metri di dislivello accumulati lungo un percorso di 134,7 km, questa tappa si presenta come una sfida monumentale. Tre anni dopo la cancellazione del primo arrivo in vetta al Tourmalet, gli organizzatori della Vuelta sono riusciti a riprogrammarlo per l’edizione 2023. Senza dubbio la tappa regina, ma quasi interamente su territorio francese.

Ignorando le polemiche dei nazionalisti, che protestano per l’assenza del sud della Spagna nel percorso in favore di una salita mitica di Francia, ci godiamo questo terzo passaggio. Vero che, al contrario di Tour e Giro, la Vuelta non ha mai avuto una vocazione esterofila. Dalla sua creazione nel 1935, è sempre rimasta fedele alla sua impronta spagnola, come dimostrano le 32 vittorie finali in 77 edizioni. È anche vero che – da quando l’ha presa Aso – la corsa spagnola ha mostrato ambizioni più alte, e il passaggio sulle strade del Tour lo dimostra.

Los Pirineos, dicono gli spagnoli. Le strade che dividono la Spagna dalla Francia, o che le uniscono. Dipende sempre dai punti di vista. Salite che si portano dietro storie e leggende, epica e tragedia. Nel 1923 gli organizzatori del Tour avvertirono i corridori: «I signori concorrenti sono invitati alla massima prudenza perché un grande numero di cavalli, muli, asini, vacche, vitelli, capre, montoni, maiali erra liberamente ai bordi delle strade». Provate a immaginare cosa poteva essere.

Tour-malet vuole dire letteralmente montagna cattiva. Non è la più dura, e neanche la più bella: sicuramente è la più amata dai francesi. Irragionevolmente lungo, con una pendenza ripida, appena sotto il 9% per tutta la seconda metà della scalata.

Amatori e professionisti sono unanimi: questa salita suscita profondo rispetto. Henri Desgrange, ideatore del Tour de France, era convinto che il Col du Tourmalet fosse un passaggio troppo difficile per la corsa, ma il suo collega Alphonse Steinès era convinto del contrario. Nel giugno 1910, Steinès partì per una missione di ricognizione nei Pirenei per trovare nuovi modi per ravvivare la corsa ma, arrivato al Tourmalet, la sua spedizione prese una svolta sbagliata. Costretto ad abbandonare la sua macchina, dovette proseguire il suo viaggio a piedi attraverso crepacci innevati. Perso e abbandonato a se stesso per ore a temperature sotto lo zero, con questa spedizione che gli costò quasi la vita ma non lo dissuase dall’inviare immediatamente il suo famoso telegramma a Desgrange: “Passo Tourmalet… Via molto buona… Perfettamente percorribile”.

Col du Tourmalet
Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar sul Col du Tourmalet (foto: A.S.O./Ballet)

Ed è così che tutto ha avuto inizio. Quell’anno, i corridori del Tour de France dovettero affrontare un percorso di 326 chilometri e affrontare i Cols de Peyresourde, d’Aspin, d’Osquich e il nuovissimo Col du Tourmalet – un percorso che i giornalisti soprannominarono “il cerchio della morte”. Octave Lapize fu il primo a raggiungere la vetta del Tourmalet, vincendo così la tappa e la classifica generale. Nell’ultimo tratto della salita sterrata, spingendo il suo monomarcia in acciaio, Lapize incrociò gli occhi degli organizzatori della gara e urlo: “Voi siete degli assassini”.
Nel 1913, Eugène Christophe, in testa alla corsa con 18 minuti di vantaggio, ruppe la bici durante la salita del Tourmalet. Le regole stabilivano che eventuali riparazioni dovevano essere effettuate dal corridore. Bicicletta in spalla, andò in una officina di Sainte-Marie-de-Campan per effettuare lui stesso la riparazione. Costretto a restare per ore in officina, Christophe si guadagnò un posto nei libri di storia, ma purtroppo vede svanire i suoi sogni di vittoria.

Tourmalet
Lo scollinamento del Col du Tourmalet a 2.115 metri di altitudine

Più tardi, nel 1969, l’acrobazia di Eddy Merckx durante la 17ª tappa del Tour de France avrebbe cambiato la gara. Già in testa con otto minuti di vantaggio, al campione belga non restava che tenere il passo dei suoi avversari. Eppure attaccò. Da solo in testa, passò Peyresourde, Aspin, Touramlet e Aubisque, ampliando il divario di altri otto minuti e vincendo la tappa, confermando il suo dominio sul resto del gruppo.

Nel 1991 il Tourmalet fu teatro di una vera e propria doccia fredda. Campione in carica del Tour de France dal 1989 al 1990, Greg Le Mond sembrava sul punto di ottenere la sua quarta vittoria nel 1991. Eppure, il Gigante dei Pirenei avrebbe segnato la sua sconfitta. Nell’ultimo chilometro del Tourmalet, Miguel Indurain prese il comando e allungò un distacco di oltre 5 minuti su Le Mond. L’americano non riuscì a raggiungerlo e mancò la tripletta. La storia di ogni ciclista che ha scalato la montagna cattiva è unica.