TOUR DE FRANCE 2023 / La confessione di Latour: «Muoio di paura ad ogni discesa»

Latour
Pierre Latour all'attacco nella 5ª tappa del Tour de France 2023
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«Morire di paura in discesa, questa è la mia vita», dice Pierre Latour. Christophe Bérard, inviato di Le Parisien sulle strade del Tour de France, ha realizzato una splendida intervista con il corridore francese della Total-Energies, che ha raccontato con sincerità la paura che spesso lo prende in discesa e da cui non riesce a liberarsi. Un male di cui è stato nuovamente vittima venerdì 14, giorno della festa nazionale. Una paura irrazionale la sua. Quella che, anche nell’ultima tappa, quando si era unito alla fuga di giornata, gli ha fatto perdere ogni speranza di vittoria finale in vetta al Grand Colombier. «Non riesco a sbloccare una forma di paura nelle discese. Una paura che mi fa andare in fondo al gruppo e poi mi costringe a fare sforzi inutili per tornare su. Di conseguenza, corro sempre all’indietro. È tutto nella testa. Lo so, ma è più forte di me». C’è stato un prima, e un dopo. «Un grosso incidente durante il tour dell’Oman nel 2019 che mi ha procurato due fratture, del radio e dello scafoide della mano sinistra. E soprattutto, a volte in discesa, se c’è un po’ di umidità, la mia ruota si muove. E lì, è come se tutto si spegnesse. Ho paura perché ho l’impressione di andare nel vuoto senza controllare nulla. Come una sacca d’aria in un aeroplano. Ed è finita, la discesa è bloccata. Mi irrigidisco e so che sono appena ricaduto nella mia paura. È come se, nella mia testa, non ci fosse più terra sotto le ruote».


Latour, 29 anni, professionista dal 2015, buon cronoman, una vittoria di tappa alla Vuelta nel 2016, all’Alto de Aitana, racconta quello che gli scatta come un circolo vizioso. «Freno mentre gli altri continuano a scendere. Così mi superano sfiorandomi molto vicini. Di conseguenza, mi spaventa ancora di più la sensazione che gli aerei mi sorpassino. Sento la loro resistenza all’aria e mi irrigidisco ancora di più. Sono solo tensione che rallenta. Bisogna capire che poi ho l’impressione di avere avambracci che pesano cinquanta chili l’uno. Sono completamente paralizzato».


Una volta riconosciuto il problema, si prova a contrastarlo. «Ho provato di tutto: sofrologia (una tecnica di rilassamento, ndr), psicoanalisi, preparazione mentale e persino ipnosi. Ogni volta, mi fa sentire bene per un po’. Ma al minimo fastidio in discesa, mi esplode tutto in testa. Come un alcolizzato che si gode un drink. Ed è come se stessi iniziando da zero. E insisto, non parlo di una nuova caduta ma solo di un piccolo scivolone che sembra innocuo. Solo che fa esplodere tutto nella mia testa. E tutto si blocca. Quest’anno ho deciso dopo il Tour di provare una cosa nuova: andare su un circuito motociclistico per vedere se riesco a prendere bene le traiettorie e ad abituarmi alla velocità nelle curve».


Qui al Tour le discese più importanti finora erano Aspin e Tourmalet, sui Pirenei. «Ho fatto la mia comoda discesa, come volevo. E prendevo le curve correttamente. Mentre se mi paralizzo, faccio curve instabili che mi bloccano ancora di più. E lì, inutile rassicurarmi via radio, non sono in condizione di ascoltare. Ma a volte cerco la ruota di ragazzi di cui mi fido come il mio compagno di squadra Anthony Turgis o Tony Gallopin. Mi rassicurano perché so che sanno scendere senza correre troppi rischi. Spaventato a morte in discesa è la mia vita».
Inevitabilmente, dev’essere stato molto doloroso accettare la tragedia di Gino Mader, morto in una discesa durante l’ultimo Giro di Svizzera. «Sapevo che puoi farti molto male in discesa. Ma poi ho capito che si può morire. È diverso. Gino parlava bene il francese e ogni tanto parlavamo. E all’improvviso se n’è andato. Ho sentito una forma di lutto. So che posso sembrare un coglione a dirlo. Ma la mia vita vale più che provare a finire 50° invece che 100°. I freni a disco aumentano il pericolo. Prima avevamo una frenata progressiva. Ora ritardiamo la frenata il più possibile. Altri sono spaventati quanto me ma non vogliono ammetterlo. Immagino che non vogliano essere sgridati dai loro capi». Davvero sconvolgente.