Giro d’Italia anticipato ad aprile? Una follia. Eppure, nella sua lunga storia, la corsa rosa ha vissuto anche questa esperienza. Mentre si dibatte da tempo dell’opportunità di far slittare di una settimana la partenza e, di conseguenza, spostare le ultime sette tappe ai primi di giugno, per cercare di ridurre ai minimi termini i rischi di maltempo e, quindi, di cancellazioni o cambi di percorso, non si può dimenticare che l’edizione del 1939 prese il via venerdì 28 aprile da Milano, dove poi si concluse giovedì 18 maggio, festa dell’Ascensione.
Quell’anno il successo finale andò al torinese Giovanni Valetti, che il Giro l’aveva già vinto anche nel 1938 e che il penultimo giorno di corsa, al termine della tappa Trento-Sondrio, riuscì a spodestare la maglia rosa Gino Bartali, vittima di una foratura e di una caduta nella discesa del Passo del Tonale, sepolto dalla tormenta, con una sede stradale coperta da 20 centimetri di neve. Valetti si scatenò lungo la successiva salita dell’Aprica, affrontata anch’essa durante una bufera, e a Sondrio precedette di 5’32” gli immediati inseguitori. Bartali accusò un ritardo di 7 minuti e dovette cedere le insegne del primato.
Quella del 1939 fu l’edizione del Giro d’Italia con la partenza più anticipata di tutta la storia. E’ rimasta l’unica che ha preso il via ad aprile. Già dagli albori, infatti, la corsa rosa scelse la tradizionale e consolidata collocazione a cavallo tra i mesi di maggio e giugno, salvo rare eccezioni, tra cui ad esempio la prima edizione (1909), che si svolse per intero a maggio (dal 13 al 30), e quella del 1913 (8-22 maggio).
Un’edizione “anomala” fu anche quella del 1946. Un Giro quasi completamente … estivo. Partenza da Milano martedì 18 giugno e arrivo, sempre a Milano, addirittura domenica 7 luglio. Lo vinse Bartali con un vantaggio di soli 46” su Coppi. Senza dimenticare il Giro in versione autunnale, quello del 2020, forzatamente posticipato (3-25 ottobre) a causa della pandemia.