GIRO D’ITALIA 2023 / L’addio di Evenepoel spacca la stampa italiana e belga. Bergonzi: «È una fuga»

Evenepoel
Remco Evenepoel al Giro d'Italia 2023 dopo la cronometro di Cesena (foto: LaPresse)
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La partenza di Remco Evenepoel dal Giro diventa un duello su posizioni contrapposte sulla stampa italiana e fiamminga. Il vicedirettore della Gazzetta dello Sport Pier Bergonzi, in un editoriale, è molto chiaro: «Non è più il Covid l’ombrello sotto al quale coprirsi… Remco Evenepoel ha scelto di lasciare il Giro perché si è reso conto di non essere più nella condizione psichica e soprattutto fisica (in questo caso sì per l’attacco influenzale) per vincere il Giro d’Italia. E il fiammingo ha una personalità grande quanto il suo talento. Diciamo che avrebbe fatto fatica ad accettare una sconfitta e ha preferito lasciare la corsa in maglia rosa, con due successi nelle due crono disputate. Ma se il campione e i suoi problemi fisici meritano rispetto, crediamo che anche il Giro d’Italia e la maglia rosa, uno dei simboli più iconici del ciclismo, avrebbero meritato più rispetto. Remco è il campione del mondo ed era il corridore faro della nostra corsa. Lui porta sulle spalle una grande responsabilità. Al suo posto avremmo quantomeno avvertito gli organizzatori domenica sera (cosa che né lui né la sua squadra hanno fatto). Avremmo passato la giornata di riposo cercando di recuperare le forze (la crono l’aveva comunque vinta…) e avremmo provato a partire oggi nella tappa che porterà il Giro a Viareggio. Un grande campione costruisce la sua leggenda anche per come affronta i momenti difficili. La storia del ciclismo è ricca di forfait di campioni per problemi fisici. Hinault, torturato da problemi al ginocchio, lasciò il Tour del 1980 quando era in maglia gialla e Marco Pantani abbandonò il Tour del 2000 dopo la tappa di Morzine, per un blocco intestinale, quando si accorse che ormai non avrebbe più potuto spodestare Armstrong. Lasciarono la corsa per problemi fisici. Perché non stavano bene. Ma noi oggi a quegli abbandoni diamo un altro nome: fughe!».

La stampa belga invece punta il dito, come fa il dottor Vanmol, sulle responsabilità degli organizzatori per contagio di Evenepoel. Prima della partenza da Pescara, Remco aveva detto: «Non sarei sorpreso se molte squadre si trovassero con qualche uomo in meno, dopo una o due settimane, a causa del covid». Martin Delvaux sull’Het Nieuwsblad sottolinea che RCS è intervenuta «solo dopo aver perso i suoi due beniamini del pubblico», riferendosi dunque a Remco e a Filippo Ganna.

«Tutti i corridori – racconta Het Nieuwsblad – sono stati stipati in una piccola stanza fumante, con 40 giornalisti e cameramen. Tutti senza mascherine. Evenepoel aveva invitato poche ore prima della sua conferenza stampa a metterle, in prossimità dei ciclisti. La sua supplica è caduta nel vuoto. In maglia rosa, è entrato a stretto contatto con almeno cinquanta persone dopo ogni tappa: alla consegna dei fiori, con i giornalisti televisivi nella zona mista, con gli spettatori che chiedono selfie dietro le recinzioni. Evenepoel indossava la mascherina, la maggior parte degli altri quasi mai. Il punto più basso è stato venerdì scorso, dopo la tappa di montagna a Campo Imperatore. Con nostra stessa sorpresa, abbiamo visto che i ciclisti venivano fatti scendere insieme al pubblico in cabinovie troppo anguste. Un centinaio di persone erano stipate nella nostra. Ben Healy indossava una mascherina per la bocca e non sapeva cosa temere di più: se l’altezza a cui la cabinovia si muoveva o il fantasma del covid. I meno attrezzati se la sono cavata con una sciarpa davanti alla bocca. Ironia della sorte, Evenepoel è sceso con molte critiche in elicottero. Sarebbe stato così difficile per l’organizzazione del Giro riservare delle cabinovie separate per il gruppo? O permettere che le interviste si tenessero all’aria aperta?».

Sullo stesso quotidiano Gilles Liesenborghs e Christoph Meeussen raccolgono pareri sul ritiro di Evenepoel: hanno sentito fra gli altri il cardiologo sportivo Guido Claessen, che dice che andare avanti non era una possibilità, a meno di non includere la morte tra le opzioni.