«Questo spiega tutto», ha scritto Patrick Lefevere su Twitter. Si riferisce, con tutta evidenza, alla cronometro un po’ sottotono di Evenepoel. Certo, Remco l’ha vinta e si è ripreso la maglia rosa, ma – tolta una partenza stellare – non si è vista quella superiorità schiacciante che in tanti si attendevano. Nove centesimi di secondo su Geraint Thomas, dopo che sabato Remco aveva già perso tempo contro lo stesso Thomas, Roglic e Geoghegan Hart. «Gli auguriamo una buona guarigione – ha continuato Lefevere – Spero che tutti rispettino questo e la privacy. Tornerà più forte. Grazie, Remco Evenepoel».
In teoria, il campione del mondo poteva continuare il Giro: un test positivo non significa necessariamente che un corridore non sia più autorizzato a correre. Il Giro ha eliminato il suo protocollo covid per quest’anno e l’UCI non applica più un divieto al riguardo. Spetta allo staff medico delle squadre testare e decidere. Ad esempio, Juan Ayuso, della UAE Team Emirates, è arrivato terzo alla Vuelta lo scorso anno nonostante un’infezione da coronavirus. All’epoca presentava valori di contaminazione moderati.
Il protocollo della Soudal-Quick Step però è molto chiaro: covid significa stop. Il giornalista olandese Raymond Kerckhoffs si è chiesto se i corridori debbano ancora ritirarsi se non hanno sintomi. Patrick Lefevere gli ha risposto con fermezza: «Sì, certo che sì. Non sai mai cosa succede sotto la pelle. Non è un lavoro dalle 9 alle 5. Nessun rischio». Lefevere lo conosciamo per essere molto severo ma mette al primo posto la salute dei suoi corridori.
Anche il virologo Marc Van Ranst concorda: «Evenepoel ha preso la decisione giusta per la sua salute». Così come quella del resto della squadra. «Non puoi rischiare di infettare tutti». Evenepoel ieri si lamentava di non sentirsi bene, stava lottando con raffreddore e mal di gola. In serata ben 2 test hanno dato esito positivo. Correre con i sintomi virali può essere pericoloso.