
Una tappa, la quarta del Giro d’Italia, poco emozionante, ma sicuramente molto significativa. Di cose ne sono successe: Evenepoel ha perso la maglia rosa in favore di Leknessund, è arrivata la prima fuga, Albanese (quarto) ha dimostrato nuovamente di attraversare un ottimo stato di forma.
«Ma soprattutto – ragiona Argentin – si è finalmente capito che la squadra del belga è debole. Si è praticamente sfaldata e se me ne sono reso conto io non ho dubbi che se ne siano accorti anche i suoi avversari principali».
Allora ha fatto bene a lasciar andare la maglia rosa?
«Ma certo, senza dubbio. Secondo me lui è il primo a sapere di non poter contare su una corazzata come, ad esempio, la Ineos. Lui attualmente è il più forte, ma non è detto che basti».
Spiegati meglio.
«A cronometro e in salita in questo momento credo che non abbia rivali, ma questo conta nei testa a testa. Ma se Geoghegan Hart e Thomas, ad esempio, dovessero chiuderlo in una tenaglia, la situazione sarebbe ben diversa».

Albanese di nuovo brillante: quarto.
«È vero, ma purtroppo non vince. Ai miei tempi i cacciatori di tappe aprivano il Garibaldi, cerchiavano di rosso qualche tappa e nelle altre cercavano di salvare la gamba. Secondo me la frazione di oggi era forse troppo dura per Albanese, a maggior ragione se si considera che lui aveva dichiarato di puntare alle giornate di Salerno e Napoli. Non è che sta sprecando troppo?».
Si fa un gran parlare di accorciare le tappe di trasferimento. Favorevole o contrario?
«Favorevole. Non si snatura il ciclismo, non morirebbe nessuno. L’unica alternativa che mi viene in mente è evitare la diretta integrale nelle frazioni considerate più noiose. Non dobbiamo dimenticarci che il prodotto ciclismo si vende se è affascinante e intrigante. Piuttosto, perché non vengono allungate le tappe più dure, quelle che attirano più pubblico e che poi finiscono per indirizzare e caratterizzare il Giro d’Italia?».