Bennati: «Questo Ganna può vincere anche la Sanremo? Sì, alla Cancellara»

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Daniele Bennati, commissario tecnico della nazionale italiana alla Strade Bianche 2023
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Pronto per la sua seconda stagione alla guida degli azzurri, il ct azzurro Daniele Bennati è d’accordo con Bettiol: è giusto che un corridore che ha vinto il Fiandre come lui provi anche la Roubaix. Per la Sanremo vede bene Nizzolo, ma anche Filippo, che continuerà a dividersi ancora tra strada e pista. «Purtroppo per me», dice Bennati, che avrebbe voluto Ganna anche al Mondiale.


All’aperto, approfittando del primo giorno di sole dopo tante nuvole. L’argomento è il ciclismo, e così dal sole si passa in fretta alle prime luci della sera.

Daniele Bennati assapora l’arrivo imminente della primavera, che nel suo sport ha un nome e un cognome: Milano-Sanremo, la corsa che tutti sognano e soltanto uno stringerà fra le mani. «Pogacar? Finché userà la tattica dello scorso anno non la vincerà, se invece correrà come si deve… Ma è chiaro che perché vinca Pogacar si deve creare la situazione perfetta, come quando ha vinto Nibali. Se di scatti ne fai troppi, alla Argentin, ti ricordi quando perse da Kelly nel ’92, poi quando è ora di quello buono neanche Pogacar lo fa forte come dovrebbe».

Bennati sospira parlando dei fenomeni che stanno riscrivendo le regole del ciclismo: Pogacar, Evenepoel, Van Aert, Van der Poel. «Questi ragazzi stanno rendendo più spettacolare il nostro sport». In assenza di regole, cosa ci vieta di immaginare Jonathan Milan primo sul traguardo di Sanremo? «Perché no? Milan si deve comunque misurare con la distanza e con gli altri. La Sanremo sembra semplice, ma può diventare davvero complicata se dai Capi alla Cipressa iniziano a non girare più bene le gambe. A livello di numeri in tanti potrebbero vincerla. Lo scorso anno Nizzolo poteva almeno lottare per il podio, è caduto in discesa dal Poggio, magari non si sarebbe giocato la vittoria ma un podio sì. Trentin per gli appuntamenti che contano dà sempre affidabilità, anche se con la Sanremo non ha mai avuto feeling. Ma io penso anche a Bettiol e a Moscon, anche se in Australia si è fatto male».

Il discorso cade inevitabilmente su Ganna, che potrebbe vincere tante corse ma non può correrle tutte. «Certo, anche la Sanremo può andare bene per lui: per caratteristiche Filippo non può vincere una volata di gruppo, ma sa essere anche molto veloce in un gruppetto ristretto. Se devo pensare a un paragone dico Cancellara: Filippo può vincere con un’azione alla Fabian. Così come può pensare alla Roubaix, al massimo della condizione potrebbe fare molto bene. Purtroppo le scelte le deve fare lui, pensando a quello che si sente. Dico purtroppo perché a me piacerebbe tanto averlo a disposizione anche per il mondiale, ma quest’anno è concomitante con quello su pista, e almeno fino a Parigi ho capito che la priorità è il velodromo. È anche giusto, sia chiaro, lui è il faro dei pistard. Tutti vorrebbero Ganna, io l’avrei voluto anche in Australia per la prova su strada ma ha scelto di fare il record dell’Ora. Peccato, anche per lui: i percorsi di mondiali ed Europei non saranno sempre adatti alle sue caratteristiche. Non è colpa di nessuno, è normale fare delle scelte».

Forse è meno normale che due mondiali in bicicletta si corrano in contemporanea.
«Si parla tanto di multidisciplina, e allora dico che l’Uci dovrebbe permettere a corridori come Filippo, Milan e Consonni di correre tutti e due i mondiali, su strada e su pista».

Consonni, eccone un altro che parla della Sanremo come di un obiettivo, non più come di un sogno. «Simone è un corridore che in questi anni è cresciuto gradualmente. Non è un velocista puro, si difende bene sulle salite brevi. Potenzialmente la Sanremo è perfetta per le sue caratteristiche, bisogna vedere come si sentirà dopo 300 chilometri. I corridori lo sanno quali sono le corse per loro, e lui ha molta sensibilità».

Anche Elia Viviani ha sempre messo la Sanremo in cima ai suoi desideri. «Elia ha avuto stagioni stratosferiche anche su strada, ora è un po’ in difficoltà, ma i risultati sono la cura migliore. Mi aspetto che lui e Nizzolo tornino entrambi sui loro livelli migliori. Per sperare in una maglia azzurra, da capitano, c’è bisogno di risultati: non devono dimostrare niente a me, ma a loro stessi sì. L’anno scorso prima dell’Europeo Elia fu ineccepibile, mi chiamò: non convocarmi, non sarei all’altezza. Poi ha corso perché Nizzolo era caduto e lui era già a Monaco, ma con me era stato davvero molto onesto».

Prima stagione da cittì azzurro e la seconda che è partita meglio del previsto, con gli italiani che vincono in giro per il mondo. «Mi chiamano Benna, sì, io sono il Benna, ma sono anche il commissario tecnico. La differenza per tanti non è chiara, non ci sono abituati. Alcuni hanno dato quasi per scontato che avendo buoni rapporti con me la maglia azzurra fosse automatica. Ma le scelte non si fanno sulla base della nostra storia personale, la squadra dev’essere forte per quella specifica gara, non conta chi è più amico o meno. A me Franco Ballerini ha dato grandi insegnamenti: eravamo legatissimi, è stato testimone al mio matrimonio, ma quando è stato il momento di lasciarmi a casa, più di una volta, ha guardato all’interesse della maglia azzurra».

Il primo anno da cittì, il primo mondiale, il primo europeo. «Ho capito tante cose, belle e meno belle. In più occasioni mi sono reso conto della vera faccia delle persone, magari questo ruolo fa gola a tanti però poi quando ci sei dentro ti rendi conto che è scomodo. Non voglio dire che c’è tanta invidia, ma molti si sono rivelati totalmente diversi, davanti fanno gli amici e dietro un po’ meno. Non che mi dispiaccia: meglio conoscerli per come sono. Non si finisce mai di imparare. Vado avanti per la mia strada».

Il prossimo mondiale sarà in estate, subito dopo il Tour: cambia tutto, ma qualcosa in realtà è già cambiato. «Siamo abituati a pensare che se uno fa il Tour o la Vuelta prima del mondiale può essere avvantaggiato, in realtà nel ciclismo di oggi questo aspetto è già un po’ superato. In tanti preferiscono preparare l’appuntamento di un giorno senza passare da un grande Giro. Bettiol deve assolutamente passare da una gara di tre settimane perché ha un motore particolare, ha bisogno di girare e girare per trovare la condizione, altri invece no: a Van der Poel, per dire, non servono tre settimane per trovare la condizione per vincere un mondiale».

A proposito di Bettiol, Tafi lo vuole vedere alla Roubaix.
«Andrea fa bene. Anche io gliel’ho detto da tempo, quando vinci il Fiandre come l’ha vinto Alberto perché non dovresti provare a vincere anche la Roubaix? Ha staccato tutti sul Kwaremont, un muro dove ci vogliono grandi gambe per fare la differenza, la stessa cosa che serve alla Roubaix. Alberto a cronometro va forte, in pianura va forte, sul pavé ci sa andare alla grande, è un peccato che non ci abbia già provato». Anche perché vincerla al debutto, come ha fatto Colbrelli, non è così semplice.

«Questo ciclismo ci sta abituando a cose mai viste prima. Prendi Van der Poel che fa terzo alla Sanremo senza aver corso neanche un giorno prima: una cosa del genere soltanto 5-10 anni fa sarebbe stata impensabile. Certo, parliamo di Van der Poel. Ma oggi ci sono metodologie di allenamento per cui a un certo livello puoi fare questo».

Stiamo parlando di Van der Poel e il discorso va sul prossimo mondiale, quello che si correrà il 6 agosto a Glasgow. Un percorso per… «Van Aert e Van der Poel. Da quello che ho visto non è troppo impegnativo dal punto di vista altimetrico: un percorso da classiche, strade strette, strappi molto brevi quindi molto molto esplosivi. Ovvio pensare a quei due. Poi ci possiamo mettere anche Alaphilippe e gli altri soliti noti».
Mettiamoci magari anche gli italiani. «Probabilmente per Bagioli è un po’ troppo leggero, anche se poi diventerà difficile. Per come è disegnato farà tanta selezione. Anche per Rota potrebbe non essere abbastanza impegnativo, valuterò dopo aver visionato il percorso. Lo stesso vale per Andrea Piccolo, un altro giovane molto interessante ma forse destinato a gare ben più dure. Allora dico Bettiol. E Covi. Un corridore che sta facendo molto bene nelle classiche del Nord, che sa limare molto bene, è Luca Mozzato: se va forte può essere anche molto utile alla squadra. Lo stesso Moscon, su un percorso del genere, può fare molto bene. E anche Baroncini è forte, potrebbe entrare nei giochi sia al mondiale che all’europeo».

Un Europeo che si correrà il 24 settembre a Drenthe, in Olanda. «Sarà il mio compleanno, mi piacerebbe un regalo. Il percorso sulla carta è facile ma è sempre relativo, e poi ci sarà vento. Piatto ma con un arrivo in salita, non durissima, di 300 metri con un tratto in pavé. Ai campionati olandesi, nel 2020, ha vinto Van der Poel». Rieccoci. Bennati ride. «L’arrivo è tosto, molto esplosivo. Ma per gli europei Ganna, Milan e Consonni potrei averli, sarà molto interessante poterci contare. E non dimentico Vincenzo Albanese, che ha avuto tanta sfortuna ma si sta riprendendo un po’ a fatica, e Alberto Dainese, un altro velocista che tiene molto bene sulle salite».

Rimangono i grandi Giri, croce e delizia. «Ci aspettiamo tutti che Caruso possa riportarci sul podio del Giro, ma quest’anno la partecipazione sarà importante. Ciccone da quello che ho capito avrà un occhio alla classifica, anche perché il Giro parte da casa sua e certo avrà grandi ambizioni, ma mi pare di aver capito che penserà di più alle tappe: se sarà così potrà vincerne diverse. Poi c’è Tiberi: sta facendo una progressione di crescita ideale. Io ho molta fiducia in lui. Si è sempre parlato molto di Antonio, forse ha avvertito eccessivamente il continuo accostamento a Nibali, magari l’ha sofferto un po’. Ma per i grandi Giri forse può essere proprio lui quello che ci farà divertire nei prossimi anni».