TOUR DOWN UNDER 2023 / Alla scoperta di Silvia Magri: «Sono lunatica, sogno il Brabante e il mio idolo è Evans»

Magri
Silvia Magri della UAE Adq inizierà la sua stagione al Tour Down Under
Tempo di lettura: 2 minuti

Silvia Magri pesa con attenzione le parole e non potrebbe essere altrimenti: una brutta caduta sulla schiena e la mononucleosi le hanno praticamente rovinato la passata stagione, impedendole di correre per parecchio tempo.

«E infatti sono impaurita e titubante – confida – Per certi versi non vedo l’ora che la stagione cominci, almeno mi levo il dente e rompo il ghiaccio. Pensare troppo al ciclismo è uno dei miei difetti, dovrei prenderlo più alla leggera, ma non ci riesco».

Come ti sei appassionata, Silvia?

«Il merito è della mia famiglia. Per lungo tempo il riferimento è stato mio zio, che ha corso fino al dilettantismo e andava davvero forte. Ho sempre pedalato e se mia madre non avesse avuto paura forse avrei cominciato addirittura prima».

Cosa la spaventava?

«Praticamente tutto, diciamo che il ciclismo è uno sport in cui potenzialmente si rischia in continuazione. E così mi hanno fatto provare un sacco di sport: nuoto, basket, anche pallavolo, ma ero imbranata e non giocavo mai. Però mi arrabbiavo, perché sono un’agonista».

Quando hai capito che il ciclismo era il tuo sport?

«Ogni estate andavo dai miei nonni in montagna e non c’erano santi: tutti i pomeriggi dovevo uscire in bici, con grossa disperazione di mio nonno che di accompagnarmi non ne poteva più».

Chi ammiravi da piccola?

«Cadel Evans, per il corridore che è stato e per la persona che mi è sempre parsa. Lo conobbi una volta tanti anni fa, Roberto Damiani venne a riprendere la figlia a scuola, la stessa che frequentavo io, e mi ritrovai Evans davanti. Tra pochi giorni lo rivedrò alla sua corsa qui in Australia e sono felice».

Nessuna donna tra i riferimenti, quindi?

«Dico Kasia Niewiadoma, sia per le caratteristiche che per il carattere. Mi ha sempre suscitato simpatia e stima, ci ho scambiato due parole soltanto qualche anno fa in Norvegia».

Come ti descriveresti?

«Come atleta, intendi? Direi una da classiche, infatti sogno la Tre Valli Varesine e il Brabante: la prima perché per me è la gara di casa, essendo di Legnano, e la seconda perché mi si adatta perfettamente. Sono abbastanza veloce e resistente, bravina negli sprint a ranghi ristretti».

Nella vita di tutti i giorni che tipo sei?

«A volte timida, sempre lunatica e diretta. Mi piace leggere, forse perché mi distrae dal ciclismo. Avrei voglia di studiare Lettere all’università, ma non avendo il tempo di portarla avanti come dico io meglio lasciar perdere».

Come ti trovi alla Israel?

«Bene, non mi mettono pressione e mi stanno facendo recuperare al meglio dalla disastrosa annata dell’anno scorso. Sono con loro da quest’anno, ma l’impatto è stato più che positivo. E poi vado molto d’accordo con le mie tre compagne italiane».

Pirrone, Vieceli e Collinelli.

«Esatto. Elena è molto simile a me, il feeling è naturale. Lara ha esperienza e la ascolto volentieri. Sofia, invece, è stata una sorpresa: mi ero fatta l’impressione, sbagliando, che fosse superficiale e interessata perlopiù alle apparenze. Invece mi sono dovuta ricredere, ha un grande carattere ed è un bel tipo».

Cosa vuoi da quest’anno?

«Ritornare quella del 2019 e della fine del 2021, i miei migliori momenti, quando sono riuscita a raccogliere più di un piazzamento internazionale. E poi spero d’imparare cos’è la leggerezza, spesso mi dimentico che ho soltanto 22 anni e che se la Israel mi ha cercato nonostante i pochi risultati della scorsa stagione vuol dire che qualcosa so fare».