Morte Rebellin / Ancora nessun atto ufficiale. Il fratello Carlo: «Evidentemente quel tedesco sa come muoversi»

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Davide Rebellin, morto a 51 anni dopo un terribile incidente stradale
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Trentanove giorni dopo l’uccisione di Davide Rebellin, lo scorso 30 novembre, non ci sono ancora novità nell’inchiesta. Davide Picco, l’avvocato della famiglia Rebellin, e Andrea Nardin, il legale del camionista, hanno confermato di non aver ricevuto atti ufficiali. Il contenuto dell’indagine condotta dalla procura di Vicenza diretta da Lino Giorgio Bruno è coperto dal segreto istruttorio.

Il fratello di Rebellin, Carlo, si è sfogato con il Corriere della Sera. «Quell’uomo ancora a piede libero? Un fatto che considero ingiusto. Evidentemente quel tedesco sa come muoversi. Una ventina d’anni fa aveva già patteggiato per omissione di soccorso…». Carlo Rebellin parla di Wolfgang Rieke, 62 anni, il camionista che dopo aver centrato suo fratello è sceso dal tir, ha guardato Davide e si è rimesso al volante. È scappato e ora è a piede libero. «Chiariamo – ha precisato Carlo, 40 anni, titolare di un pub a Lonigo – io ho la massima fiducia nella magistratura, ma la mia sensazione è che questa persona adesso stia vivendo senza nessun pensiero, senza alcun rimorso per ciò che ha commesso: e questo è ingiusto».

L’avvocato Picco ha spiegato al Corriere che è «impossibile sapere se sia stato emesso il mandato di arresto europeo né come abbia deciso di regolarsi l’autorità giudiziaria tedesca». Al tir «sarebbero state semplicemente scattate delle foto da parte della polizia tedesca, però nulla più. Da che so io il camion non è mai stato posto sotto sequestro». È lo stesso scenario descritto da Nardin che specifica di non aver mai parlato direttamente con il suo assistito. «Però posso dire che non mi è stato notificato nulla e dunque al momento non ho notizie di provvedimenti a carico di Rieke».


Carlo Rebellin fa dell’ironia. «Evidentemente quel camionista conosce le procedure… Sa come destreggiarsi in questa vicenda che va rilento». Carlo si riferisce ai due precedenti che videro coinvolto Rieke, avvenuti entrambi in Italia. Il primo fu nel 2001: l’uomo patteggiò la condanna davanti al Tribunale di Foggia, era scappato dopo un incidente senza prestare soccorso alle vittime. La pena fu poi dichiarata estinta. Il secondo fu nel 2014, a Chieti, quando la Stradale gli sospese la patente avendolo trovato alla guida in stato di ebbrezza.


Rieke, lo ricordiamo, non può essere arrestato in Germania perché il codice tedesco non prevede lo specifico reato di omicidio stradale. L’ordinamento però riconosce l’omicidio colposo ed è per questa fattispecie che l’eventuale mandato d’arresto europeo potrebbe richiederne il fermo. La mattina in cui venne travolto «Davide era uscito per un allenamento con la gravel – dice ancora Carlo al Corriere -, ovvero quella bici, più robusta e con copertoni larghi e spessi, studiata apposta per le strade sterrate. Tanti appassionati la preferiscono sempre più per stare lontani dai pericoli dell’asfalto».

La bici di Rebellin accartocciata dopo l’incidente

Ma dopo il suo giro al sicuro Davide si era reimmesso sulla statale dove è stato travolto dal tir. «Posti e percorsi che Davide conosceva a menadito – dice ancora Carlo – Al di là delle responsabilità penali, mi auguro che la sua morte possa servire per migliorare la sicurezza sulle strade. Per cominciare? Basterebbe poco: servono più ciclabili. E soprattutto non stare al cellulare mentre si guida». Un appello che abbiamo sentito molte, troppe volte. E non è mai cambiato niente.