Esce il libro sulla storia parallela di Jakobsen e van den Berg. Con tante rivelazioni

Jakobsen
Fabio Jakobsen in mixed-zone alla Parigi-Nizza (A.S.O./Alex Broadway)
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Doveva essere un libro “normale” su come due giovani promettenti corridori olandesi erano arrivati a fare i professionisti. Ma a causa di circostanze che tutti conosciamo, il libro di Menno Haanstra su Fabio Jakobsen e Julius van den Berg è diventato un libro completamente diverso.

Haanstra, che in precedenza ha scritto la biografia dell’allenatore di calcio Foppe de Haan,ha seguito Jakobsen e van den Berg per otto anni. Tutto è iniziato quando correvano nelle giovanili della SEG Racing Academy. Poi sono diventati professionisti, uno alla QuickStep e l’altro alla EF Education.

Uno si è rivelato uno dei migliori velocisti del mondo, l’altro un meritevole gregario con caratteristiche di velocista. Poi però la storia ha preso una piega diversa. Fabio Jakobsen è caduto malamente al Giro di Polonia, si è temuto per la sua vita, ma fortunatamente si è ripreso ed è di nuovo uno dei migliori velocisti del mondo. Il suo amico Julius van den Berg l’ha vissuta da vicino e un anno dopo ha vinto lui stesso il Giro di Polonia.

Il libro è, ovviamente, molto incentrato su quel periodo. Ora è uscito in Belgio e in Olanda. Ieri Haanstra, Jakobsen e van den Berg hanno partecipato al talk show “Op1” per parlare di questa storia. «Se fosse stata fiction, ci avrebbero detto che era quasi incredibile», ha ammesso Haanstra, che ha anche incluso nel libro conversazioni whatsapp tra i due corridori.

Il libro racconta che van den Berg era in ginocchio davanti alla TV a scattare foto quando il suo amico Fabio ha vinto la tappa al Tour. Ma il libro ovviamente parla anche dei tanti momenti difficili subito dopo l’incidente e durante la riabilitazione. Jakobsen racconta: «Sono così grato ai medici polacchi. Mi hanno davvero trasformato in un’opera d’arte umana. Ho perso dieci denti. L’infermiera ha contato 135 punti, tutto il mio palato era aperto e doveva essere richiuso».

L’incidente alla fine ha reso Fabio una persona leggermente diversa. «Anche i medici hanno detto: ti ha reso più saggio per dieci anni. E infatti, me ne rendo conto: lo sport è solo un ripensamento nella vita. La vita è molto più importante di così. Anche se sono felice che mia sorella e mia moglie mi abbiano permesso di pedalare di nuovo».