De Pretto, assaggi di professionismo: «Correndo da stagista con la BikeExchange ho capito quanto valgo»

De Pretto
Davide De Pretto al Giro d'Italia Under 23
Tempo di lettura: 4 minuti

Alla partenza, nella classica riunione della mattina, i ruoli erano chiari: il capitano della BikeExchange per il Giro dell’Emilia sarebbe stato Simon Yates e quindi gli altri componenti della squadra avrebbero dovuto lavorare per lui. Compreso Davide De Pretto, alla prima gara tra i professionisti vestendo una maglia così prestigiosa (ma non al debutto assoluto, visto che già lo scorso anno aveva partecipato a Industria e Artigianato, Coppi e Bartali, Lugano, Memorial Pantani, Giro dell’Emilia, Giro del Veneto e Veneto Classic).

«Poi la corsa è andata diversamente – racconta lui – Yates non era in giornata, ha dovuto ritirarsi e quindi ho potuto fare la mia corsa. Sono arrivato 65°, abbastanza distante dai primi, ma la reputo un’esperienza positiva: intanto l’ho portata a termine. Mi sono lasciato alle spalle una ventina di corridori, per non parlare delle decine che hanno alzato bandiera bianca. Anche la squadra era soddisfatta, non mi sono comportato male».

Cos’hai capito di te stesso? A che punto è il tuo percorso di crescita?

«Mi mancano soprattutto quei venti, trenta chilometri che consentono di raccogliere dei bei risultati. Non è poco, lo riconosco, ma ho soltanto vent’anni e il fondo si allena e si sviluppa col tempo. Anzi, nei tratti di pianura rimanendo coperto in gruppo mi difendevo bene. Ho durato meno fatica dello scorso anno e questo mi rincuora: vuol dire che sto crescendo come si deve».

Cosa ti ha impressionato maggiormente della corsa? Il livello era piuttosto alto.

«Il ritmo della Uae sul San Luca, veramente notevole. E’ chiaro, ancora non ce l’ho nelle gambe, ma sono sicuro che con l’esperienza e l’abitudine potrò iniziare a farmi vedere. Intanto oggi corro di nuovo con loro alla Tre Valli Varesine e poi non hanno escluso la possibilità di convocarmi anche per Veneto Classic e Giro del Veneto».

Quando si è fatta avanti la BikeExchange?

«Dopo il Giro d’Italia, stuzzicati dalla mia ottima primavera. Poi hanno affondato il colpo dopo il terzo posto nella prova in linea degli europei. Se passerò professionista con loro? Può darsi, ma sicuramente non a partire da gennaio. Potrebbe succedere ad agosto oppure a partire dal 2024, per il momento non c’è ancora niente di ufficiale. La certezza è che nel 2023 sarò ancora un corridore della Zalf».

Gianni Faresin parla bene di te: sei il corridore che più di ogni altro lo ha stupito.

«Mi fa piacere, davvero. Quando sono arrivato alla fine dello scorso anno, mi sono bastate poche settimane per capire che ero entrato a far parte di una grande realtà. Dagli allenamenti alla mentalità, ho cominciato a sentirmi un corridore migliore fin dall’inverno, prima ancora di debuttare in gara. Adesso non subisco più la corsa: attacco, mi faccio vedere, rimango nel vivo e sono un membro di un gruppo che prova sempre a vincere».

Correrai ancora con loro quest’anno?

«Sì, dovrei partecipare al Del Rosso e alla Serenissima Gravel. Mi è dispiaciuto non essere al loro fianco al Piccolo Lombardia, ma l’opportunità di correre tra i professionisti con la BikeExchange era troppo ghiotta e non potevo lasciarmela scappare. Poi, dalla metà di ottobre, la stagione sarà definitivamente conclusa. Ne ho bisogno, mi sento parecchio stanco».

E’ stata molto intensa. C’è qualche sacrificio che ti pesa particolarmente?

«Nessuno. Faccio la vita che voglio fare. Non amo far festa, non m’interessa tornare a notte fonda e mangiare salutare mi viene normale. La stanchezza che accuso è fisiologica e normale, non c’è nulla di strano né di preoccupante: ho corso quasi ogni fine settimana dalla fine di febbraio».

Quindi non ti cimenterai nel ciclocross, attività che ha contraddistinto buona parte della tua gioventù.

«Mi è venuto in mente l’altro giorno. No, non credo proprio: ho bisogno di staccare la spina. E poi non ho nemmeno una squadra. Al massimo posso disputare qualche evento nelle vicinanze di casa mia, niente di più. L’obiettivo rimane trascorrere un buon autunno e un buon inverno per preparare al meglio la stagione su strada».

Con quali obiettivi?

«Le classiche internazionali, senza dubbio: Belvedere, Recioto, Capodarco. Sono le corse più adatte alle mie caratteristiche e vincerle significa prendere fiducia in vista del passaggio tra i professionisti e guadagnare credito agli occhi delle formazioni più blasonate».

Hai vissuto una bella stagione, ma hai anche qualche rimpianto?

«Sono arrivato cinque volte secondo, quindi direi di sì. A livello di risultati, la piazza d’onore al Medio Brenta è quella che mi è bruciata di più. Ero a due passi da casa e ho perso al fotofinish con Pesenti. Mi è dispiaciuto molto, mi è rimasta di traverso. E poi il mondiale, certo: mi aspettavo di fare di più».

Qual era il tuo ruolo?

«Se avessi avuto la gamba dei giorni migliori, mi sarei mosso nel finale magari insieme a Milesi e Buratti. Avrei potuto seguire l’azione di Vacek, per dire. Però non era giornata, il fuso orario e il maltempo ci hanno appesantiti. Ecco perché mi sono fatto vedere nella prima parte di gara e non nella seconda. Peccato, per il resto è stata davvero una bella esperienza. Ma ormai è andata, non voglio più pensarci».