Europei 2022 / Cattaneo non si nasconde: «Sogno una medaglia contro il tempo»

Cattaneo
Mattia Cattaneo in una foto d'archivio ai campionati europei di Trento
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Da quando, nel 2020, è passato dall’Androni Giocattoli alla Quick-Step, l’obiettivo di Mattia Cattaneo è diventato quello di migliorare sempre di più nelle prove contro il tempo. Ci è riuscito, la sua progressione è sotto gli occhi di tutti: terzo nella cronometro dei campionati italiani nel 2021, secondo quest’anno; ottavo e sesto nelle due prove del Tour della scorsa stagione, settimo nella seconda e ultima crono della Boucle di quest’anno (preceduto da Van Aert, Vingegaard, Pogacar, Thomas, Ganna e Mollema, non degli sprovveduti).

«E a proposito del Tour, non ho nessun rimpianto – racconta Cattaneo – Nel 2021 centrai cinque piazzamenti tra i primi dieci e chiusi al dodicesimo posto in classifica generale, è vero, ma quest’anno il livello era notevolmente più alto e il gruppo non lasciava molto spazio alle fughe».

Settimo nella cronometro del penultimo giorno: hai mai pensato di poter sorprendere i favoriti e vincere?

«No, se devo essere sincero. Il mio obiettivo era provare a vincere una tappa, ma ero consapevole che sarebbe stato difficile riuscirci. Nelle cronometro c’erano corridori come Van Aert e Ganna, trionfare avrebbe voluto dire battere almeno loro due. Però sono soddisfatto: ho dato tutto quello che avevo e sono arrivato non troppo dietro a dei fuoriclasse assoluti».

In questo modo ti sei guadagnato la convocazione per i campionati europei.

«Io e Bennati ci siamo sentiti una sola volta durante il Tour: vuol dire che lui aveva le idee chiare e che io gli ho fornito le certezze che cercava. Non ho mai disputato una cronometro europea o mondiale con la maglia dell’Italia, sono orgoglioso e onorato di essere stato scelto. Si dice che sognare non costa nulla: bene, allora io spero di salire sul podio e prendere una medaglia».

Ma il percorso non è troppo facile per il cronoman che sei?

«Sì, è vero, lo avrei preferito più lungo e più impegnativo. Però, essendo 1,84 per 67 chili, diciamo che nei tratti di pianura mi difendo bene. Non sono così esile, ecco. Ho visto che nelle prime battute di gara ci sono un paio di strappi, per il resto è da specialisti. Però sono ottimista, ci sono i presupposti per una bella prestazione: a me importa quella, il risultato non dipende solo da me».

A proposito degli avversari, chi è il tuo favorito principale?

«Kung, che ha vinto le ultime due edizioni. Qualcuno ha sottolineato che mancano i grossi calibri. Da una parte è vero, e infatti si tratta di un’occasione da sfruttare al massimo. Dall’altra, tuttavia, qualche nome di spicco c’è e la competizione non mancherà di certo».

Dopo il Tour hai partecipato alla classica di San Sebastian, ritirandoti. Come hai trascorso le ultime due settimane?

«Prima di tutto riposandomi e cercando di recuperare al meglio dalle fatiche del Tour. E poi, ovviamente, ho preparato l’europeo. Io la bici da cronometro la uso tre volte a settimana di base, indipendentemente dalla corsa che vado a fare. Negli ultimi giorni ho incrementato: diciamo cinque o sei».

Per quante ore? Facendo quali esercizi?

«Più che altro mi sono concentrato sull’intensità, simulando una cronometro ma su distanze più brevi per non logorarsi. Solitamente, quando mi alleno per circa quattro ore, le prime due abbondanti le dedico alla bici da cronometro. D’altronde solo in questo modo si possono ottenere grandi risultati».

Ti accontenti di partecipare alla prova europea oppure speri d’essere anche a quella mondiale?

«Ci spero tanto, non lo nascondo. Prima o poi mi piacerebbe partecipare ad una cronometro iridata, se non quest’anno magari il prossimo. E’ pur vero che adesso la competizione interna nella nazionale italiana non manca: Ganna è il campione del mondo e per me il riferimento assoluto della specialità, poi alle sue spalle ci sono almeno altri tre corridori, tra i quali mi ci metto anche io, che possono offrire delle belle prove. Sicuramente il risultato che io e Sobrero otterremo agli europei influenzerà le scelte di Bennati».

Già con l’Androni ti eri messo in mostra nelle cronometro del Giro, ma è chiaro che col trasferimento alla Quick-Step il tuo livello si è ulteriormente innalzato. Quale aspetto curi di più?

«Non bisogna tralasciarne nessuno se si vuole competere coi migliori. Ovviamente i materiali fanno la differenza, ma questa non è una colpa dell’Androni: semplicemente, i budget sono differenti. Anzi, permettimi di ringraziare ancora una volta Gianni Savio: se non mi fossi messo in mostra con loro, adesso non sarei mai qui».

Quando hai cambiato posizione per l’ultima volta?

«Un anno fa, sono stato per una settimana nella galleria del vento della Specialized in California. Ho una posizione estrema e non particolarmente comoda, tant’è che arrivo molto provato in fondo ad ogni cronometro. Però è redditizia, dunque devo farmela andare bene».

Descrivicela.

«L’angolo gambe-busto è molto chiuso, all’inizio non è stato facile familiarizzare col movimento nuovo e anomalo che dovevano fare le gambe. E’ servito tanto allenamento, ma alla fine ce l’ho fatta. Ripeto, non è comoda: devo stare basso e raccolto, devo tenere le spalle chiuse. Ma finché rende stringo i denti…».

Possibile che un corridore con le tue caratteristiche non pensi a fare classifica nelle corse a tappe?

«E infatti sto cominciando seriamente a pensarci. Devo migliorare in salita e per riuscirci dovrei perdere un paio di chili, ma voglio andarci coi piedi di piombo per non snaturarmi e pregiudicare ciò che di buono sto facendo nelle prove contro il tempo. Più che nei grandi giri, dove posso puntare alle vittorie di giornata o al massimo in un piazzamento tra i primi dieci, mi piacerebbe misurarmi nelle brevi corse a tappe che contemplano almeno una cronometro: credo di potermi togliere qualche soddisfazione».