La rivelazione De Cassan: «Fare classifica al Giro vuol dire brillare sul Guspessa e sul Fauniera»

De Cassan
Davide De Cassan (CTF) in azione al Palio del Recioto © Photors.it
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Davide De Cassan è una delle rivelazioni della prima parte di stagione tra gli Under 23. E’ al secondo anno tra i dilettanti e col Cycling Team Friuli, diventato una sorta di vivaio della Bahrain-Victorious. De Cassan, classe 2002, ha vinto tanto tra gli juniores e dopo la prima stagione di approccio alla categoria dei dilettanti sta iniziando a conquistare piazzamenti importanti.

La sensazione è che il primo acuto non sia lontano e così l’abbiamo sentito per comprendere meglio il proseguire della sua crescita, tra soddisfazioni, lacune da colmare e grandi obiettivi. Di un giovane corridore che non si limita a pedalare, ma studia Economia e Commercio, sa suonare diversi strumenti, scrive e incide canzoni. «Sono sempre alla ricerca di stimoli», spiega De Cassan.

De Cassan, adoperando una metafora musicale si potrebbe dire che per il momento stai andando a tempo e seguendo il ritmo giusto.

«Sì, sono molto soddisfatto del percorso che sto facendo con la squadra. Sia per i miei risultati, ma anche per quelli dei miei compagni. Il lavoro prosegue bene, sempre ad altissimo livello grazie al seguito di CTF Lab. La preparazione è il nostro punto forte. Per quanto riguarda le mie prestazioni, correndo per vincere sento la mancanza di non aver ancora alzato le braccia al cielo».

Il quarto posto al Palio del Recioto sarà stata, però, una bella emozione: primo degli italiani in una delle classiche internazionali più prestigiose del calendario.

«È una gara che avevo ben preparato, essendo anche un appuntamento che si svolge a dieci chilometri da casa mia. Avevo studiato nei minimi dettagli il percorso e la quarta piazza è stato un bel risultato. Peccato non essere riuscito a salire sul podio».

Poi è arrivata l’esperienza alla Corsa della Pace in Repubblica Ceca con la nazionale e l’undicesimo posto in classifica generale.

«Ringrazio innanzitutto il cittì Amadori per la convocazione. Nelle quattro tappe della Corsa della Pace abbiamo ben figurato. Un ottimo test in vista del Giro d’Italia, dove arriviamo con una buona consapevolezza dei nostri mezzi e anche qualche speranza di poter far bene. Un discorso che quindi vale anche per me».

L’anno scorso avevi dichiarato sulle nostre colonne che la corsa alla quale ambivi di più tra i dilettanti fosse il Giro d’Italia di categoria. Ma non eri sicuro di correrlo, visto che nello stesso periodo avevi la maturità. E infatti, giustamente, hai dato priorità allo studio. Con quali ambizioni partecipi quest’anno?

«Ogni tappa del Giro può nascondere delle insidie e bisognerà sempre essere molto attenti, ma sulla carta guardando il percorso la classifica generale sarà una conseguenza della terza e della sesta frazione. Quindi, a meno di ribaltoni, il Mortirolo (il Guspessa, salita affrontata nella 3ª tappa, ndr) e il Fauniera faranno la generale. Il mio rendimento in salita sta crescendo e quindi posso difendermi e dire la mia. Darò tutto su quelle due salite e vedremo come andrà. Piazzarsi in entrambe quelle tappe vorrà dire anche essere tra i primi cinque o dieci della generale».

Oltre al Giro, hai messo altre gare nel mirino? 

«Sì, in base al rendimento che avrò al Giro decideremo con la squadra i prossimi impegni. Sicuramente la corsa rosa è il più grande obiettivo della stagione per un corridore italiano. Poi, se si dovessero aprire altre porte come la possibilità di correre il Tour de l’Avenir, ben venga. La corsa francese sarebbe chiaramente un palcoscenico importantissimo».

Davide De Cassan, terzo nell’ultima tappa del Giro della Valle d’Aosta 2021 (foto: Aosta Panoramica)

«Fino a quando non sono passato dilettante ho sempre pensato di essere uno scalatore, magari non puro ma comunque un passista scalatore», dicevi sempre in quell’intervista rilasciataci la scorsa stagione. A distanza di un anno hai scoperto qualcosa in più?

«Sono diventato più consapevole delle mie potenzialità in salita. Preferisco quelle di lunga durata, sopra i venti, venticinque minuti. È questo il mio terreno ideale. Ma in generale mi piacciono tutte quelle corse fatte ad alta intensità dove si ha sempre la catena in tiro. E anche su profili vallonati o mossi posso inventarmi un’azione».

Quindi ti troveresti bene sia nelle corse a tappe, grazie ad una buona resistenza in salita e un buon recupero, sia nelle classiche, se sei a tuo agio su percorsi ondulati e impegnativi.

«Sì, ma tra le due al momento sono più propenso per le corse a tappe. Nelle classiche bisogna essere anche molto esplosivi e su quest’aspetto devo ancora lavorare».

Più in generale, cos’hai capito e imparato in questo anno e mezzo da dilettante? E cosa, invece, senti che ancora ti manca?

«In squadra abbiamo la fortuna di appoggiarci alla struttura tecnica del CTF Lab e ogni aspetto della “vita da corridore” è curato da tante persone. Questo è un gran vantaggio e durante l’inverno ho avuto la possibilità di lavorare su tanti piccoli aspetti diversi, che sommati ti restituiscono tanto. Chiaramente devo ancora migliorare tanto su numerosi lati e in generale l’obiettivo è quello di alzare sempre l’asticella continuando a lavorare con più cura e una qualità maggiore».

La tua squadra, il Cycling Team Friuli, da quest’anno collabora a stretto contatto con la Bahrain-Victorious. In questa collaborazione c’è un rapporto e un confronto con e verso i corridori oppure è uno scambio solo a livello dirigenziale?

«Sì, al momento la collaborazione non riguarda strettamente l’attività di noi corridori. Nel ritiro invernale in Spagna eravamo nello stesso albergo, quindi qualche piccola occasione di confronto c’è stata, ma non in maniera diretta e organizzata».

Concludendo e toccando l’altra tua grande passione, quella musicale, in una recente intervista hai detto che per te la musica è come un album fotografico che si va a rivedere a distanza di tempo e dove possiamo ritrovare le sensazioni e le emozioni dalle quali sono scaturite quelle canzoni. C’è qualcosa in comune tra la passione per il ciclismo e quella per la musica?

«Sì, le due passioni si incrociano. Sono sette anni che affronto percorsi molto simili in allenamento e ognuno di essi è condizionato dallo stress delle gare precedenti o l’ansia per quelle future, o ancora da episodi della vita extrasportiva. E ogni volta, nonostante io percorra le stesse strade, tornano in mente ricordi, aneddoti e pensieri diversi. È molto paragonabile alla musica».

Quindi possiamo dire che la musica ti aiuta con il ciclismo e viceversa?

«Mi aiuta molto, perché non tendo mai a focalizzarmi solo su una cosa sola. Se lo faccio accumulo troppa tensione e per come sono fatto io ho bisogno di fare diverse attività, nonostante ora il ciclismo occupi un ruolo di primo piano per tutte le ore che ci dedico ogni settimana».