Processo alla tappa, crollo verticale: ascolti a picco e meno 30 per cento rispetto all’audience del 2019

Fabretti
Alessandro Fabretti al Processo alla Tappa durante il Giro d'Italia 2022
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Non è stato lusinghiero il bilancio televisivo del Giro d’Italia. Tutti i dati di ascolto hanno proposto significativi cali al punto che meriterebbero una seria analisi e forse anche un ripensamento della programmazione. In particolare si evidenzia, per esempio, il dato dell’età media degli spettatori, ma è evidente che durante la settimana, otto ore quotidiane davanti al televisore è un privilegio esclusivo dei pensionati. Così come appare evidente che una programmazione così lunga finisce inevitabilmente per risultare meno accattivante.

Pesanti anche i dati del Processo che di comune con quello di Zavoli ha solo il nome. Manca l’approfondimento ed il dibattito e si riduce ad un semplice dopo corsa, spesso con commenti banali.
Il ciclismo in televisione va ripensato: trasmettere l’intera tappa o la programmazione che coinvolge l’intera giornata è indiscutibilmente una penalizzazione dell’evento che favorisce una più lunga esposizione degli sponsor, ma finisce per rendere meno fruibile il prodotto.

Questi i dati di ascolto pubblicati da Calcio e finanza.it:
numero medio spettatori per tappa: 1,3 milioni con un -19% rispetto agli anni pre pandemia;
Giro in diretta: 1.211.659 spettatori contro 1.374.590 nel 2018 (-11%);
Giro all’arrivo: 1.700.000 spettatori contro 2.000.000 nel 2018 (-16,7%);
Processo alla tappa: 784.000 spettatori contro 1.100.00 nel 2019 (-30%).

Certamente ha influito l’assenza degli italiani nella lotta per la vittoria finale, ma è indiscutibile che il prodotto televisivo ciclistico va ripensato anche per un pubblico più giovane e che lavora.