AMARCORD/97 Le confessioni del “ricco” Visentini, astro nascente: «A volte mi chiedo, ma chi me lo fa fare?»

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«Dicono che non mi manca niente, che sono viziato, che sono stato troppo coccolato. Dicono tante stupidaggini sul mio conto che io non so più cosa dire. Sto zitto, lascio parlare gli altri». È lo sfogo di Roberto Visentini, uomo-copertina di Bicisport nel numero di gennaio 1979, alla vigilia del suo secondo anno da professionista.

La curiosità su questo talento ventunenne, bresciano di Gardone Riviera, era altissima. Un po’ per i risultati: da juniores aveva vinto il mondiale e aveva concluso il suo primo Giro d’Italia tra i grandi con la maglia bianca di miglior giovane. Un po’ per il suo status sociale: in un ambiente ancora legato a origini umili e contadine, lui non nascondeva la sua condizione di benestante.

Che macchina ha? gli chiede l’inviato, Sergio Meda. «Una Bmw 320, me l’ha regalata mio padre». E poi ha una moto. «Non è vero, ne ho due: una Kawasaki 900 e una Ktm 250 per il cross. Mi piacciono le moto». È davvero così viziato? «Lo ero, spero di non esserlo più».

Gli piacevano altri sport, in cui riusciva più che bene: lo sci alpino, che praticava fin da bambino, e lo sci nautico. «Eppure ho scelto il ciclismo. Chissà perché quelli che dicono tante cose non riflettono un po’ su questo fatto…».

«Da dilettante credevo di non avere avversari»

Quanto al tema dei sacrifici, ammetteva di non averne fatti molti, almeno da dilettante: «In certe occasioni potevo permettermi d’estate di andare in giro fino a tardi di sera, di fare magari il bagno il sabato e il giorno dopo correre e vincere. Era il periodo, a 17 anni, in cui credevo di non avere avversari».

La sua carriera, impostata quasi esclusivamente sul Giro d’Italia, gli ha regalato il successo rosa del 1986 e il “tradimento” di Roche (mai digerito) l’anno successivo. E comunque, il “ricco e viziato” Visentini ha continuato a fare fatica in bici fino al 1990, chiudendo dopo 13 anni di professionismo.

Non male, considerando quanto lui stesso confessava in quella lontana intervista: «È dura, soprattutto avendo le tentazioni che ho io. A Gardone dove abito d’estate bisognerebbe andare in giro bendati, lo sa quante volte mi chiedo: ma chi me lo fa fare?».