Epis è pronto: «Prima provo a vincere il Liberazione, poi una tappa del Giro»

Epis
Giosuè Epis al Trofeo Fubine
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Al Liberazione avrebbe voluto arrivarci più sereno, Giosuè Epis. Invece è incappato in un fine settimana, l’ultimo, molto sfortunato. «Sabato sono caduto in allenamento, svista mia. Le sbucciature sono superficiali, ma ho preso diverse botte alla schiena che non mi permettono ancora di camminare bene. Dopo la caduta ho preso un’ora di pioggia. Sono tornato a casa, ho cenato e ho cominciato a star male. Prima il vomito, poi la diarrea. In una parola: indigestione. Per fortuna sto già meglio, niente mi impedirà di essere al Liberazione». 

Con quali ambizioni, però?

«Quella di vincere, non si discute. Certo, sono il primo a riconoscere che avrei avuto bisogno di un avvicinamento diverso. Ma la mia motivazione non ne ha risentito particolarmente. Se dimostrerò di stare bene la squadra punterà su di me e io non potrò sbagliare».

Quello del Liberazione è un percorso che ti si addice.

«E’ perfetto, veloce e tortuoso quanto basta per esaltarmi. Avevo già partecipato lo scorso anno chiudendo 16°, mi servì per prendere le misure. Prevedo un finale nervoso e un gruppo ristretto o comunque molto allungato che si giocherà la vittoria. E io mi immagino nelle posizioni di testa».

Quali saranno gli avversari da marcare più attentamente?

«Non so ancora chi parteciperà, sono sincero. In generale dico sicuramente la Colpack, tra Persico e Gomez hanno soltanto l’imbarazzo della scelta. Poi penso alla Zalf con De Pretto, anche se forse il percorso è troppo semplice per lui, e Guzzo: le azioni come le sue possono arrivare, non dovremo permettere agli attacchi da lontano di guadagnare troppo».

Arrivi al Liberazione con una vittoria (al Trofeo Fubine, ndr) e alcuni risultati altalenanti. Sei soddisfatto di questo inizio di stagione?

«Complessivamente dico di sì. L’obiettivo era partire bene e a metà marzo avevo già vinto. Non è poco, si corre con più serenità. Tuttavia, qualche prestazione non all’altezza c’è stata. A Pontedera, ad esempio, ho chiuso 10° in una volata in cui avrei potuto e dovuto fare assolutamente meglio. Sono molto esigente con me stesso e non mi accontento praticamente mai».

Lo scorso anno, il tuo primo tra gli Under 23, sei stato una delle rivelazioni. Adesso senti qualche pressione in più?

«Sì, ma mi sembra inevitabile e quindi le accetto senza particolari difficoltà. Sento di essere marcato, sento che su certi percorsi le altre squadre mi vedono come uno dei riferimenti. Ma la sensazione, ad essere sincero, mi piace: mi motiva, mi esalta, mi spinge a dare sempre di più. Ne ero già consapevole quest’inverno».

Come l’hai passato? 

«Senza intoppi, fortunatamente. Abbiamo cominciato a lavorare a metà novembre, poi abbiamo fatto un primo ritiro, dopodiché insieme ad alcuni miei compagni sono andato a Gran Canaria per un mese perché della nebbia di Brescia non ne potevo più. Una volta tornati abbiamo organizzato un altro ritiro. Ci siamo dati da fare, altroché». 

Hai partecipato anche alla Gand-Wevelgem. Che impressione ti ha fatto?

«Magnifica. Ho apprezzato l’atmosfera da battaglia, i percorsi, i paesaggi, il piglio con cui si corre. Il Belgio mi è entrato nel cuore, non vedo l’ora di tornarci. Sono gare in cui credo di poter dire la mia».

E agli europei e ai mondiali ci hai già pensato?

«Con Amadori non ho ancora parlato, ma posso dire che i due percorsi calzano a pennello per il corridore che sono. Però questo vuol dir poco, la convocazione dovrò meritarmela, non ce l’ho garantita soltanto perché sono adatto ai due tracciati». 

Ti vedremo anche al Giro d’Italia?

«Credo proprio di sì, una vittoria di tappa è uno dei miei obiettivi principali. Ma ci penserò soltanto dopo aver corso, e magari vinto, il Liberazione».