Buratti insegue la gloria: «Belvedere e una tappa al Giro per guadagnarmi il professionismo»

Buratti
Nicolò Buratti alla Firenze-Empoli 2022
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Nicolò Buratti, friulano di Corno di Rosazzo, è stato uno dei grandi protagonisti del primo fine settimana di gare: prima il 2° posto alla Firenze-Empoli, con una splendida azione nel finale che per poco non gli permetteva di riprendere Guzzo; poi, il giorno dopo, la vittoria davanti a Petrucci nel Gp La Torre. E’ uno dei leader del nuovo Cycling Team Friuli, quello che da quest’anno collaborerà a stretto contatto con la Bahrain-Victorious (un rapporto facilmente intuibile dalla livrea delle maglie e dalle bici utilizzate, delle Merida).

«Sicuramente si tratta di un’occasione irripetibile – riflette Buratti – L’ambiente è rimasto quello dello scorso anno, ma in compenso abbiamo guadagnato in serenità e determinazione: siamo consapevoli che una delle migliori formazioni del World Tour ci osserva ed è pronta a scommettere su chi di noi avrà saputo mettersi in mostra».

Al professionismo ci pensi, Nicolò?

«Sì, non è un’ossessione ma ci penso. Anche perché sono convinto di poterne far parte. Sono al terzo anno, inizio ad avere una certa esperienza e già nel 2021 mi ero comportato bene in diverse gare. Adesso servono continuità e qualche vittoria di prestigio».

Hai in mente qualche gara in particolare?

«In generale penso alle classiche internazionali, i percorsi si adattano molto bene alle mie caratteristiche. Specialmente quello del Belvedere, una gara che mi piace molto. E poi una tappa al Giro: nel 2021 ho chiuso quattro frazioni tra i primi dieci e non sono riuscito a portarlo a termine a causa di qualche caduta di troppo, quest’anno vorrei rifarmi». 

Sei uno degli osservati speciali di Marino Amadori, che starebbe pensando a te già per la Gand-Wevelgem in programma il 27 marzo. Nel vento della Firenze-Empoli ti sei ben comportato.

«Il suo interesse mi lusinga, sia perché è il commissario tecnico della nazionale sia perché le classiche mi piacciono da morire, sono sempre state le corse dei miei sogni. Alla Gand, se verrò convocato, troveremo molto più vento che alla Firenze-Empoli, ma la mia stagione è partita talmente bene che partirei per fare una bella corsa».

Non soltanto ti appassionano: le classiche ti si addicono anche.

«Sono rapido, discretamente potente sul passo e abbastanza resistente sulle salite non troppo lunghe. Abbastanza completo, insomma, anche se di corridori con le mie peculiarità tra i dilettanti ce ne sono parecchi. Potrei definirmi un passista veloce, se soltanto mi piacessero le etichette». 

Classica preferita?

«La Milano-Sanremo, perché è imprevedibile e niente è affascinante come l’incerto. E non posso non citare il mondiale, probabilmente la classica per eccellenza. Della corsa iridata mi piace il fatto che ogni anno, su percorsi che cambiano in continuazione, si affrontano i migliori ciclisti del gruppo. Ma a differenza dei grandi giri non basta essere il più forte: entrano in ballo l’intuito, il tempismo, la capacità di improvvisare e di reagire all’imprevisto».

Da questo punto di vista come siamo messi?

«Pedalo da quindici anni, diciamo che il mezzo lo so guidare e in gruppo mi muovo bene. Però sono troppo calcolatore, me lo rimproverano in tanti. Ci sono dei momenti in cui dovrei osare di più e riflettere di meno. E soprattutto non dovrei fasciarmi la testa prima d’essermela rotta. Se mi rendo conto di non avere la gamba piena mi do subito per spacciato, invece devo imparare a non scoraggiarmi e ad avere pazienza. Non si sa mai come può andare una gara».

Caratterialmente come ti descriveresti?

«Introverso, spesso e volentieri sto sulle mie. Soltanto in gara riesco ad esprimermi, a dimenticarmi per un po’ chi sono. Per questo devo anche ringraziare il Cycling Team Friuli. E’ una squadra particolare, veramente all’avanguardia. Non cura soltanto l’aspetto tecnico, che sia la preparazione o la gestione della gara, ma è interessata a costruire anche un’identità di gruppo. Ci aiutano a capire chi siamo e cosa vogliamo. Che l’affiatamento della squadra sia ottimo l’abbiamo dimostrato in queste prime uscite stagionali: abbiamo corso bene, con personalità e cognizione di causa».

Ti aspettavi che le prime dell’anno andassero così bene?

«Sinceramente no. Sapevo di essere in forma, ma mica così tanto. Rimpianti per com’è andata a finire la Firenze-Empoli? No, troppo facile parlare adesso. Bisogna rendere anche i giusti meriti a Guzzo, che ha fatto un’azione meravigliosa e si è gestito alla perfezione. Io sono partito quando mi sembrava giusto farlo».

Essendo un amante delle classiche avrei come riferimenti gli specialisti più forti degli ultimi anni.

«Sagan è stato il protagonista indiscusso della mia infanzia, forte ed esuberante. Poi mi sono goduto gli ultimi anni della rivalità tra Boonen e Cancellara, altri due fuoriclasse. Però non posso non citare Nibali, un esempio di classe, professionalità e caparbietà. Completo, intelligente, costante: ha vinto due Lombardia e una Sanremo nonostante sia stato perlopiù un corridore da grandi corse a tappe».

E tra i campioni più in vista oggi chi ammiri?

«Alaphilippe e Van Aert: perché sono completi, intraprendenti, imprevedibili. Sanno cogliere l’attimo, sono in grado di crearsi i presupposti necessari per provare a vincere. Però è pur vero che loro sono dei fuoriclasse, io no: sono soltanto un dilettante che cerca di realizzare il suo sogno più grande».