Tra ciclismo e passione per la terra, intervista a Riccardo Tosin

Riccardo Tosin all'attacco al Giro d'Italia U23 (crediti foto: Scanferla)
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Due passioni differenti ma in realtà molto più simili di quanto si possa credere. Quali? Quella per il ciclismo e per la terra, entrambe maestre severe capaci di trasmettere insegnamenti e linee guida fondamentali per il proprio percorso. Riccardo Tosin fa di tutto ciò i suoi capisaldi, traendo una marcia in più per le sue avventure sui pedali. E il ventitreenne di Bassano del Grappa, tesserato per la General Store di Giorgio Furlan al primo anno della categoria élite, di spirito avventuriero ne ha parecchio e sin dalle categorie giovanili lo si vede all’attacco già dalle prime fasi di corsa in cerca di quel colpaccio che rappresenta la croce e al contempo la delizia di ogni corridore.

Riccardo come giudichi il tuo 2021?

«Sono abbastanza contento di questa stagione, mi sono messo in gioco con tenacia riprendendomi velocemente dall’infortunio patito lo scorso anno al Giro d’Italia U23 in cui ruppi il bacino. Quest’anno ho vinto la seconda edizione del Trofeo Città di Montevarchi staccando nettamente gli avversari e ho avuto ottime risposte dal mio fisico, dopo qualche mese in cui ho sofferto un po’».

Come mai?

«Diciamo che sono entrato in forma un po’ troppo presto. Dopo l’intervento al bacino, sono stato fermo un mese e mezzo per poi riprendere con continuità già dall’inverno. A febbraio avevo un’ottima gamba e questo l’ho pagato nel periodo che andava dalla fine del periodo primaverile e l’inizio di quello estivo».

Stai disputando uno stage con i Professionisti nella Vini Zabù di Luca Scinto. Come ti trovi?

«Molto bene, è un’ulteriore fase di crescita nel mio percorso. Non ho ancora conosciuto di persona Scinto ma lo stimo parecchio per ciò che ha fatto e per l’impegno profuso. Attualmente ho sentito l’altro direttore sportivo ovvero Francesco Frassi e stiamo programmando le prossime gare da affrontare nel finale di stagione».

Sei stato protagonista alla Coppa Sabatini.

«Sì, sono andato in fuga e mi sono ritrovato nell’azione giusta. Il mio obiettivo era andare all’attacco, farmi notare e correre al fianco di corridori come Sonny Colbrelli e Gianni Moscon è stata una emozione non da poco. Purtroppo, ho pagato nella parte finale ma era inevitabile: i Professionisti hanno altri ritmi sulle gambe e una maggiore resistenza dettata dalla quantità di chilometri maggiore che affrontano. Ma sono ugualmente contento, ho avuto risposte molto buone e questo mi dà morale per il futuro».

Farai altre gare con la General Store?

«Sì, disputerò sabato il Giro dell’Emilia con i Professionisti e poi la Coppa Città di San Daniele e il Gran Premio Ezio Del Rosso tra gli Under 23».

Non ci sono dubbi sul fatto che ti troveremo all’attacco.

«Esattamente. Andare in fuga è il mio marchio di fabbrica, è uno degli aspetti del ciclismo che mi piacciono maggiormente. Andare in fuga ogni giorno non mi pesa, anzi mi stimola. Credo che una fuga abbia sempre parecchie possibilità di arrivare, si tratta di una sfida con se stessi prima che con gli altri. Quando stai davanti sei consapevole di poter fare saltare il banco, i big della corsa sono costretti a tirare, devono sacrificare i loro uomini e si ritrovano costretti in prima persona ad intervenire se vogliono ottenere la vittoria».

Quali sono i corridori che stimi maggiormente?

«La lista sarebbe parecchio lunga ma sicuramente ti direi Peter Sagan, un fuoriclasse unico capace di sorprendere in qualsiasi circostanza. Mentre per quel che riguarda i corridori italiani direi Daniel Oss e Matteo Trentin».

Il 2022 sarà l’anno del passaggio tra i Professionisti?

«Troppo presto per dirlo ancora, vedremo. Per me sarebbe un sogno che si realizza ma procedo con i piedi per terra continuando ad allenarmi con umiltà e passione».

A proposito di passioni: tu ami coltivare la terra, quando hai iniziato?

«Un po’ come il ciclismo già da bambino e mi è stata trasmessa la passione per la cura della terra dalla mia famiglia e in particolare da mia nonna che possiede dei terreni. Quando non sono in bici e ho un po’ di tempo libero mi dedico alla cura dei castagni. Farlo per me è sempre stato un qualcosa di molto importante: mi aiuta per quando pedalo, mi permette di staccare psicologicamente e al contempo di trarre forza morale per la mia attività agonistica».

Hai una buona resistenza, il coraggio non manca e in salita tieni bene: ti vedremo in futuro in un Grande Giro?

«Sarebbe bello, è quello che mi piacerebbe. Ho un buon recupero e rendo meglio con il passare dei giorni quindi spero di avere l’occasione di prendere parte a una grande corsa a tappe. Però ci sono anche classiche che si addicono alle mie caratteristiche».

Quali?

«Indubbiamente la Milano-Torino e il Giro di Lombardia. Se avrò la fortuna di poterle disputare, state certi che mi vedrete in fuga, pronto a dare il meglio di me senza timore».