Nell’ammiraglia della Gazprom U23 al Giro del Friuli U23 c’è Paolo Rosola, grande velocista degli anni ’80 e vincitore di ben 12 tappe al Giro d’Italia. Sostituisce Petrov, il diesse che solitamente segue i giovani russi, e ogni volta si stupisce di quanto sia cambiato il ciclismo.
Soprattutto in cosa, Paolo?
«La tecnologia. Sembra banale, ma questi ragazzi non hanno più fantasia né intuito. Vanno guidati, presi per mano».
Non sanno leggere la gara?
«Poco, se non va come avevamo ipotizzato si perdono. Ma io non posso dir loro quando scattare e quando rimanere a ruota, o perlomeno non sempre. In sella ci sono loro».
Trovi differenze tra italiani e russi?
«Da questo punto di vista, direi di no. In Italia c’è più tradizione, d’accordo, ma lo stampo è quello. Su altre cose invece sì».
Quali? Il logoramento.
«Noi ne abbiamo presi alcuni che promettevano molto bene, ma a 22 o 23 anni sono già logorati. Purtroppo in Russia ci sono metodologie antiche, li allenano come quarant’anni fa».
Qui al Giro del Friuli U23 c’è anche Kevin, tuo figlio. Come lo vedi?
«Cresciuto, in un anno fisicamente ha fatto passi da gigante. Deve ancora fare 19 anni, ma il talento non gli manca. La sua squadra (la Ktm, ndr) gli fa fare un calendario prestigioso, per questo ancora non è riuscito ad imporsi. E ogni tanto mi dice: “Inizio a capire quando mi dicevi che fare il corridore è dura…».