Tarozzi sulle orme di Coppolillo: «Siamo come cane e gatto, ma gli devo molto. Crescere con regolarità non può essere una colpa»

Manuele Tarozzi della inEmiliaRomagna in azione.
Tempo di lettura: 3 minuti

Nonostante siano entrambi due attaccanti, non sempre Manuele Tarozzi e Michele Coppolillo vanno d’accordo. Tarozzi, 23 anni, della inEmiliaRomagna, attaccante lo è ancora oggi: anzi, soprattutto oggi, visto che ormai da un paio di stagioni sta facendo di tutto per mettersi in mostra e attirare l’attenzione delle squadre professionistiche. L’Androni Giocattoli di Gianni Savio sembra la più convinta nell’accaparrarselo. Michele Coppolillo, che di Tarozzi e della inEmiliaRomagna è direttore sportivo, attaccante lo è stato per una carriera (e per certi versi lo è ancora, il piglio è sempre quello). Forse è per questo che Coppolillo è così duro con Tarozzi: perché cercare la fuga e gloria dev’essere un pregio, non un difetto. Tantomeno un limite.

E’ che Tarozzi di occasioni ne ha buttate via tante. Se dovesse fare un bilancio, sarebbe sicuramente in rosso. Quando per l’eccessiva frenesia, quando per la poca scaltrezza, Tarozzi si è spesso ritrovato faccia a faccia coi rimorsi e quasi mai coi rimpianti. Coppolillo lo descrive con un unico aggettivo: naif. Vale a dire imprevedibile, imperscrutabile, impronosticabile. Attacca quando non dovrebbe, si perde quando la strada è tracciata, vince quando non è il favorito e perde quando tutti sono già pronti ad abbracciarlo. Eppure, nonostante l’indubbia fatica, Coppolillo vuole bene a Tarozzi. Non troppo, tuttavia, perché tra direttore sportivo e corridore ci dev’essere un certo distacco. 

Ma nella inEmiliaRomagna non c’è nessuno che vuole male a Tarozzi. Eppure, quando nel 2019 la squadra prese forma, lui rischiava di non farne parte: stava per firmare con un’altra. Lo fermarono giusto in tempo. Poteva non esserci lui che è di Faenza, la città dove la formazione ha la sede? «La responsabilità di rappresentare la mia regione – dice Tarozzi – la sento eccome. Quando ci vedono in allenamento, gli appassionati e i vecchi sussurrano: guarda, sono i ragazzi di Coppolillo e Cassani. Ci riconoscono e ci seguono, non passiamo inosservati».

Il podio del Trofeo Città di Malmantile (foto: Rodella)

Nemmeno Tarozzi passa inosservato, anche se alla quinta stagione tra i dilettanti non ha ancora ufficialmente firmato un contratto per diventare un professionista. I suoi attacchi, perlomeno nella categoria, sono diventati proverbiali. E alcuni gli sono valsi delle vittorie, perché Tarozzi non è una macchietta che ripete ogni giorno la solita parte perché non sa farne un’altra. Nel 2018 vinse la Targa Comune di Castelletto (2° Marengo, oggi professionista), nel 2019 conquistò Valli Aretine, Piccolo Giro dell’Emilia (festa grande, si capisce) e l’ultima tappa di una corsa a tappe francese, quest’anno ha battuto Benedetti al Due Province e Martinelli al Malmantile, entrambi professionisti dal prossimo anno, il primo con la Drone Hopper di Savio e il secondo con la Bardiani dei Reverberi.

Sarebbe bello sapere che corridore è, se soltanto lui se ne fosse reso conto. «Mi difendo bene da tutte le parti, ma non brillo in nessuna – riflette – Anzi, una lacuna me la trovo facilmente: la volata. Se dovessi passare, per vincere dovrò ingegnarmi. Come? Andando all’attacco come ho visto fare a Contador e Alaphilippe. E poi Coppolillo e tanti altri romagnoli mi hanno parlato di Pantani, direi che i modelli non mi mancano. Piuttosto, mi manca il loro talento. Comunque io continuo a sognare di vincere Giro e Tour nello stesso anno. Mi alleno come un povero diavolo e attacco in continuazione, almeno un’illusione lasciatemela…».

Illusione fino ad un certo punto. Meno di due mesi fa, nella prova in linea dei campionati italiani riservata ai professionisti (alla quale lui può partecipare poiché, essendo del 1998, è un primo anno Elite), Tarozzi ha centrato la fuga di giornata e ha chiuso 15°, subito dietro a Daniel Oss e davanti ad altri 55 corridori, senza dimenticare le altre decine di ritirati. Tra questi, diversi facevano parte di formazioni World Tour e Professional. «Io due anni fa non sarei stato pronto per fare il salto nella massima categoria, quindi per me è stata una fortuna aver avuto un altro po’ di tempo per crescere. E del ciclismo mi piace proprio questo, che non c’è mai niente di scontato. Certo, ci sono i fuoriclasse e i favoriti, e la maggior parte delle volte vincono loro. Ma devono sudarsela e meritarsela, e talvolta non basta nemmeno a loro. E magari in quelle occasioni spunta il Tarozzi di turno».

Se non andasse in bicicletta da quando ha sei anni, probabilmente studierebbe psicologia (idea che non ha ancora del tutto accantonato). Oppure tenterebbe la difficile carriera di prestigiatore, lui che ama le carte e capire come funziona la mente delle persone. Quando qualcuno tira fuori un mazzo, Tarozzi è disposto persino a staccare il cellulare. Ora che ha imparato a non scollegare la testa quand’è in gara, la difficile carriera da inseguire potrebbe essere finalmente un’altra.