TOKYO 2020 / Villa: «Mai stato così in difficoltà al momento della decisione, tutti i pistard meritavano l’Olimpiade»

Marco Villa al velodromo di Montichiari guida gli azzurri verso Tokyo 2020
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Se Elia Viviani è l’atleta di riferimento per gli azzurri della pista, Marco Villa ne è il garante. Sono lui e Viviani, infatti, i primi due a credere che l’Italia potesse tornare grande in questa disciplina. Per lungo tempo sono rimasti da soli, facendosi compagnia e motivandosi a vicenda. Poi, in successione, sono arrivate una generazione estremamente valida e l’oro di Viviani a Rio de Janeiro. Da allora, l’Italia lotta alla pari con le migliori nazionali al mondo.

Marco, quali ambizioni covate?

«Sono tante, inutile nascondersi. E fondamentalmente ce le siamo messe da soli, crescendo di anno in anno e conquistando risultati prestigiosi. In più, abbiamo un fuoriclasse come Ganna e una medaglia d’oro uscente, Viviani, che sarà anche il portabandiera. Una piacevole complicazione, diciamo così».

Ce ne sono state altre?

«Sai, questo lavoro non è facile a prescindere, perché ho sempre avuto a che fare con ragazzi che hanno un’attività importante anche su strada. Organizzarsi non tralasciando niente è complicato. E la situazione dell’ultimo anno e mezzo di certo non ci ha aiutato».

Così come non ti ha facilitato il compito l’assenza di gare.

«Fare delle convocazioni olimpiche solo sulla base di allenamenti e simulazioni è stato difficilissimo, forse non sono mai stato così in difficoltà. E poi, ad aumentare il rischio di sbagliare, ci si sono messi anche i ragazzi: un gruppo fortissimo e unito all’inverosimile, tutti avrebbero meritato di partecipare alle Olimpiadi».

A tal proposito, per correttezza si è distinto Michele Scartezzini, probabilmente l’escluso più illustre.

«Non avevo dubbi, ho ben presente la caratura della persona e dello sportivo. Ma ci tengo a sottolineare che se al posto di Scartezzini ci fosse stato un altro dei nostri, si sarebbe comportato nella stessa maniera. Il dispiacere non gli avrebbe impedito di tifare i suoi compagni e amici».

Come e quando raggiungerete Tokyo?

«Sarà una bella avventura. Io partirò con Ganna e Viviani il 21 luglio. Elia, essendo portabandiera, si fermerà al villaggio olimpico di Tokyo fino al 24, quando ci raggiungerà. Io e Ganna, invece, ci agganceremo agli stradisti e prepareremo la cronometro. Gli altri pistard si alleneranno a Montichiari fino al 24 e partiranno il giorno dopo».

E laggiù come vi allenerete?

«Bella domanda, soprattutto per i pistard. Per ora ci hanno fatto sapere che gli impianti non verranno aperti fino a cinque giorni prima dell’evento, resta da capire poi come saranno organizzati gli spostamenti tra il nostro piccolo villaggio olimpico, a due ore e mezzo da Tokyo, e il velodromo».

La pressione inizia a farsi sentire?

«Sì, credo sia inevitabile, ma da parte mia e nostra c’è la consapevolezza di poter contare su un gruppo fantastico e d’aver lavorato molto bene. Un esempio, nel quartetto di Rio Lamon era il quarto e a Tokyo sarà il primo. Un esperimento, un’idea, ne abbiamo parlato e lui non si è tirato indietro. Quello che raccoglieremo a Tokyo sarà soltanto la punta dell’iceberg, il lavoro sporco lo abbiamo già fatto…»