Le lacrime di Mark Cavendish sono il frutto di un mix di emozioni. La gioia di aver messo a tacere tutte quelle voci che lo davano per finito, la commozione per aver visto tutti i suoi compagni, tra cui il campione del mondo, lavorare per lui, e infine la sensazione unica che solo il Tour de France ti può regalare. Chi meglio di Roberto Conti, che alla Grande Boucle ha vinto in cima all’Alpe d’Huez, può raccontarci cosa significa…
Cavendish commosso. Cosa vuol dire vincere al Tour de France?
«E’ difficile descriverlo a parole. La gente, i colori, l’atmosfera, il prestigio di cui la corsa gode. Il Tour è tutto questo. Tutti sognano una vittoria di tappa alla Grande Boucle ma solo pochi possono dire di esserci riusciti. Ho vinto in maniera diversa da Cavendish, ma posso capire bene cosa stesse pensando in quel momento…»
Vincere al Tour a 36 anni. Tu hai corso fino a 39, come si fa a mantenere alte le motivazioni?
«E’ passione. La voglia di stare in gruppo e di fare sacrifici non va via facilmente e vi posso assicurare che gli anni dopo il ritiro non sono affatto facili. Quando senti di poter dare ancora qualcosa perché ritirarsi?»
Come Valverde…
«Assolutamente. Valverde poi continua a vincere, ma lì parliamo di fuoriclasse. Anche lo stesso Nibali, a mio avviso, ha ancora una grande passione per questo sport che tanto gli ha regalato. Ha dichiarato di non voler fare classifica eppure l’abbiamo visto sempre lì davanti a sgomitare».
Cosa ci vuoi dire?
«Che un campione non perderà mai quell’istinto vincente. Cercherà sempre di dare il massimo. Anche per questo non sono sicuro che si ritirerà prima di arrivare a Parigi, soprattutto se dovesse trovarsi in top-ten tra una settimana…»
E le Olimpiadi?
«Le Olimpiadi sono importantissime, ma Vincenzo vuole lasciare il segno in questo Tour de France. Finché non prova qualcosa difficilmente lo vedremo ritirarsi».