GIRO D’ITALIA U23 / Non entra in fuga e lavora al posto della Colpack: la Dsm fa infuriare il gruppo

Henri Vandenabeele sui rulli dopo l'ottava tappa di oggi
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Potendo contare su Henri Vandenabeele, già secondo lo scorso anno dietro a Pidcock, la Dsm si è presentata a questo Giro come una delle squadre più temibili. Oltre allo scalatore, infatti, ci sono anche Garofoli e Mayrhofer, due ragazzi che specialmente tra gli juniores hanno raccolto ottimi risultati. Eppure, nonostante tutti questi presupposti, la tattica di gara della squadra olandese non convince.

Se c’è un vantaggio nel non avere la maglia rosa, dovrebbe essere quello di non tirare il gruppo e tenere chiusa la corsa. La Dsm, al contrario, è spesso in testa al plotone a scandire il ritmo, anche se questo onere toccherebbe alla Colpack. Perché lo fa? Principalmente per due motivi: per sperare di mettere in difficoltà Ayuso imprimendo un ritmo elevato e perché, come nella tappa di ieri, nessuno è riuscito a centrare la fuga. Era difficile farsi sorprendere, visto che sono scappati in 38.

Senza dimenticare, poi, il gioco dei piazzamenti. Oggi, ad esempio, all’attacco c’era Hellemose, corridore che metteva in pericolo il piazzamento di Vandenabeele. Ma chi si comporta così, bisogna dirlo, non fa che accontentarsi. Piuttosto che rimanere compatti in gruppo, uno o due compagni del belga avrebbero dovuto guidarlo in fuga e aiutarlo, proprio come hanno fatto Gaffuri e Santaromita con Hellemose.

Questo modo di correre, sempre ad inseguire indipendentemente da tutto, infastidisce e non poco le altre squadre. «Perché – si chiedono i direttori sportivi nella coda delle ammiraglie – tirano loro quando toccherebbe alla Colpack?». Che Ayuso sia il più forte è palese, ma di nuovo bisogna ammettere che la Dsm si sia accontentata del podio e sia disposta a tutto pur di rimanerci.

Ritornano d’attualità quello che ormai da qualche anno si dice della Dsm dei professionisti: mentalità da contabile, gerarchie rigidissime, una sola tattica di corsa che evidentemente assomiglia più ad un limite che ad un vantaggio. Le separazioni burrascose con Degenkolb, Kittel, Dumoulin, Matthews e Hirschi non possono essere casuali. E nemmeno le mosse della squadra giovanile presente al Giro, evidentemente, lo sono.